L’ex presidente della Camera, Irene Pivetti, come sappiamo risulta indagata in qualità di amministratore delegato della Only logistics Italia srl, una società che lei stessa ha creato negli anni scorsi, in relazione a una presunta truffa riguardante la commercializzazione sul mercato italiano delle mascherine usate come protezione contro il Coronavirus. Le Procure di Savona, Roma e Siracusa hanno aperto un fascicolo, dopo che la Guardia di Finanza aveva sequestrato un carico di mascherine all’aeroporto di Malpensa. In tutte le città italiane, le mascherine sequestrate della società ammontano a 9.000.

I reati ipotizzati sono frode in commercio e immissione sul mercato di prodotti non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza. Sembrerebbe, infatti, che questi dispositivi di protezione non posseggano sufficiente capacità filtrante e che l’Inail avesse dato parere negativo sulle Ffp2 importate dalla Cina.

Mascherine a 50 centesimi in vendita dal 4 maggio: dove comprarle

Ma procediamo con ordine. La società di Pivetti sigla con la Protezione Civile un accordo da 30 milioni di euro per l’importazione dalla Cina di 15 milioni di mascherine, al prezzo cadauno, quindi, di 2 euro. In questo accordo, alla Only logistics Italia veniva garantita anche la facoltà di vendere parte delle importazioni a società private. L’ex presidente della Camera aveva, subito dopo l’esplosione dell’emergenza in Italia, messo a disposizione i suoi contatti commerciali con la Cina per far arrivare alla Protezione Civile 250.000 mascherine cosiddette chirurgiche a 45 centesimi l’una, la stessa tipologia sulle quali il governo ha fissato un prezzo massimo di 50 centesimi. In collegamento con Barbara d’Urso su Canale 5, domenica scorsa ha precisato che quell’operazione coprì semplicemente i costi.

Stando a Pivetti, le mascherine importate su accordo con la Protezione Civile non sarebbero del tipo Ffp2, ma ad esse analoghe per espressa delibera del Comitato tecnico-scientifico, che ha dichiarato equivalenti quelle del tipo KN95 e le N95 importate dalla Cina attraverso la sua società.

Il parere all’Inail, ha spiegato, è stato richiesto, ma sarebbe arrivato dopo i 3 giorni canonici, quando (presumiamo) le mascherine erano state già immesse in commercio. Inoltre, si è scoperto che la certificazione sarebbe stata apposta da una società polacca e che risulterebbe falsa. Ma l’ex terza carica dello stato si difende strenuamente sul punto, sostenendo che quella fosse una semplice certificazione di compliance, in linea con la legislazione europea, non una certificazione di sicurezza come l’hanno intesa i media.

Una piccola società per un grande appalto

Chiaramente, saranno gli inquirenti a valutare se vi siano gli estremi per rinviare Pivetti a giudizio con gli eventuali capi di accusa. A noi non sono sfuggite altre peculiarità di questa vicenda, che dimostrerebbero come in Italia vi sarebbero figli e figliastri per ogni cosa. La Only logistics Italia ha portato a casa un accordo da 30 milioni, con un anticipo di 18 milioni (60%) dalla Protezione Civile per le importazioni. A fronte di quali garanzie? Pare che il capitale sociale sia piuttosto basso, quello iniziale risulta di 50.000 euro, anche se Pivetti ha precisato che nel frattempo sarebbe aumentato. Eppure, l’ultimo fatturato annuale disponibile risulta di appena 72.000 euro.

Non vogliamo addentrarci nella fitta rete di società collegate, tra San Marino e Polonia, quanto concentrarci proprio sull’incongruità dei numeri: come fa una società che fattura quanto un gioielliere e che, evidentemente, matura utili ancora più bassi, ad accaparrarsi un contratto da 30 milioni con anticipo del 60%? Quali sono state le garanzie esibite alla Protezione Civile? E sorge spontanea un’altra domanda: ma c’era davvero bisogno di una società terza per importare mascherine dalla Cina, se per espressa dichiarazione di Pivetti, la Only logistics Italia si limita a ricevere gli scatoloni per inviarli a sua volta ai clienti, senza nemmeno poterli aprire e controllare, tant’è che non sarebbe per questo da ritenersi responsabile del marchio CE “fake” apposto su alcune confezioni?

Necessario passare da terzi?

Se è vero che Pivetti abbia messo (meritoriamente) a disposizione il suo “know how”, vale a dire la rete di contatti cinesi e russi per far affluire sul mercato italiano le tanto agognate mascherine, risultava impossibile alla Protezione Civile fare da sé ed evitare di pagare, a quel punto, terze parti per un lavoro di semplice importazione? Attenzione, qua siamo fuori dal perimetro di eventuali reati, sui quali dovrà esprimersi la giustizia, sempre che le indagini non si chiudano con un’archiviazione.

Il dato saliente è un altro: la società guidata da una ex terza carica dello stato riesce a garantirsi un contratto plurimilionario, che quasi certamente non sarebbe accessibile a una società con così scarne garanzie finanziarie.

Sarà valsa la spendita del nome dell’amministratore delegato? Se così, non ci sarebbe alcuno scandalo nell’ammetterlo, perché in piena emergenza le regole ordinarie spesso vanno accantonate per accelerare i tempi. Tuttavia, sarebbe opportuno che la Protezione Civile spiegasse i criteri con cui ha preferito la società di Pivetti a eventuali altre che si erano fatte avanti e se ha dato adeguata pubblicità alla sua richiesta o è passato direttamente alla ricerca per canali privati. Non possiamo permetterci che, mentre milioni di attività restano chiuse per imposizione del governo, dallo stato trapeli anche la minima ombra sulle modalità di utilizzo dei denari pubblici, nonché il minimo sospetto che in Italia a poter fare business siano sempre i soliti noti.

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