Governo e RAI ai ferri corti, separati da un Festival di Sanremo mai così divisivo come la 73-esima edizione. Per la maggioranza di centro-destra, Amadeus ha condotto una kermesse da Festa dell’Unità, estremamente politicizzata e rivolta contro il governo. Per le opposizioni, il diritto di espressione non si tocca e da Viale Mazzini sfoggiano con orgoglio i numeri da record. Le canzonette all’Ariston hanno fatto incassare oltre 50 milioni di euro di pubblicità. La manifestazione si è conclusa di sicuro con un forte attivo, potenzialmente capace di far esitare all’azienda un risultato di bilancio positivo.

Le polemiche si sono moltiplicate serata dopo serata. Lo show di Roberto Benigni sulla Costituzione era indirizzato contro il governo? E’ stato giusto assistere alla scena violenta e stupida di Blanco sul palco? Le invettive di Fedez contro due esponenti del governo con tanto di foto strappate di un vice-ministro sono state una violazione dell’equilibrio della TV di stato, specie in campagna elettorale (si vota fino alle 15 di oggi in Lombardia e Lazio)? E le volgarità di Fedez e Rosa Chemical devono avere spazio su una rete sostenuta dal canone?

Sanremo tra tanto fatturato e scarso servizio pubblico

Già, perché in tanti telespettatori in questi giorni stanno scrivendo o anche solo pensando “non con il mio canone”. Il nervo scoperto da Sanremo sta tutto qua. La TV di stato si mantiene per tre quarti grazie al canone in bolletta riscosso coattivamente dagli abbonati e per un quarto grazie alla pubblicità. Vive l’ambiguità di dover fare share senza tradire il proprio mandato di servizio pubblico. Ma nell’anno di grazia 2023 davvero pensiamo che sia necessario un servizio pubblico come negli anni Cinquanta, quando la gente aspettava esclusivamente il TG di stato per informarsi? E, soprattutto, è sostenibile un’azienda perennemente lottizzata dalla politica, i cui dirigenti non rispondono agli utenti, bensì a logiche di partito?

La RAI nell’ultimo bilancio d’esercizio approvato nel 2021 ha incassato 681 milioni di euro dalla pubblicità su un fatturato complessivo di 2,69 miliardi e chiuso i conti in pareggio.

Il solo Festival di Sanremo può arrivare a portare quasi un decimo del solo fatturato pubblicitario di un anno. Si capisce perché Carlo Fuortes, AD della RAI, difenda a spada tratta i risultati di questa edizione. Ma il punto è un altro: non puoi fare ascolti e incassare dimenticando che la TV di stato è servizio pubblico. Non puoi offrire l’immagine di un programma contro un partito o un governo se riscuoti il canone da tutti gli utenti/elettori.

Privatizzazione RAI unica soluzione

La soluzione prospettata dal centro-destra, però, non cambierebbe la sostanza. Dopo decenni di “RAI in mano alla sinistra”, sostengono dalle parti di Giorgia Meloni, è arrivata l’ora che l’altra Italia sia rappresentata. Bene, se non fosse che subito dopo l’Italia di sinistra si sentirebbe a sua volta discriminata. E torneremmo punto e a capo. Come uscire dal cul de sac in cui da decenni ci siamo infilati senza apparente via di uscita? Privatizzando la RAI. Non in parte, tutta. Basta canone, balzello odioso e inutile. Iniziamo a sforbiciare i veri costi della politica, cioè il mantenimento di carrozzoni stracolmi di dirigenti strapagati per servire i loro azionisti di riferimento: i partiti.

La RAI va messa tutta in vendita sul mercato dopo essere stata spezzettata in più tronconi per evitare di trasferire nelle mani dei privati una posizione estremamente dominante sul piano degli ascolti. In un solo colpo, finirebbero polemiche e la libertà di espressione sarebbe fatta salva sempre a favore di tutti. La concorrenza tra reti attualmente tutte controllate dalla politica farebbe sì che tutte le opinioni degli italiani sarebbero rappresentate.

Nessun italiano sarebbe costretto a mantenere orde di giornalisti, vallette e boiardi di stato il cui unico obiettivo è di fare gli interessi di chi li ha nominati e non dell’utenza. Il Festival di Sanremo potrà anche restare sboccato e di parte, ma saranno problemi di chi a quel punto “possiede” RAI 1.

Serve tanto coraggio per privatizzare la RAI. Significa abbattere lo status quo e lasciare il certo per l’incerto. In fondo, il centro-destra ha sempre un po’ prospettato la vendita di Viale Mazzini, ma si è scontrato con la necessità di rimpiazzare i dirigenti di sinistra con altri di propria nomina. Perché quando vinci e vai al governo, i tuoi pretendono di riscuotere le cambiali elettorali, mai firmate in bianco. Per non parlare di una RAI privata che dispiacerebbe a Mediaset, proprietà di Silvio Berlusconi, uno dei tre leader dell’attuale maggioranza. La privatizzazione della RAI, per la sola fortuna di chi ci lavora, non arriverà presto. Forse, mai. Ma sarebbe l’unico modo per evitare di caricare sulle tasche degli italiani gli sproloqui di Fedez e altre volgarità che la kermesse ci ha trasmesso senza un pizzico di vergogna in chi l’ha condotta e curata.

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