Il petrolio è schizzato ai massimi dal 2014, salendo sopra gli 80 dollari per ogni barile di Brent. Dall’inizio dell’anno, i rincari sono stati superiori ai 30 dollari, cioè del 60%. Naturale che l’impatto sul carburante sia forte e che gli automobilisti lo avvertano. E non è tutto. Poiché compriamo il greggio in dollari, ci esponiamo anche al rischio di cambio. E’ quanto sta accadendo in questi mesi. Mentre scriviamo, il cambio euro-dollaro risulta sceso a 1,1560, segnando un calo del 5,3% da inizio anno.

Questo accrescere l’aggravio dell’onere, che chiaramente si trasferisce ai consumatori.

Cerchiamo di calcolare l’impatto che il caro-petrolio sta avendo su ogni litro di benzina. Anzitutto, un barile equivale a 159 litri di carburante. Pertanto, a inizio anno ne compravamo uno a meno di 42 euro, tenuto conto del tasso di cambio di allora. Ora, invece, per le consegne a dicembre dobbiamo spendere sui 72 euro con il nuovo tasso di cambio. Il rialzo è stato di circa 30 euro, che suddiviso per 159 litri, fanno sui 18,65 centesimi. E c’è da calcolare anche l’IVA al 22%, l’imposta sul valore aggiunto che grava sul prezzo praticato dai gestori alla pompa. In definitiva, i rincari sfiorano i 23 centesimi.

Rincari del petrolio su un litro di benzina

Se teniamo conto che all’inizio dell’anno un litro di benzina costava in Italia mediamente quasi 1,45 euro, di fatto l’aggravio porterebbe il prezzo attuale sugli 1,67 euro. E i livelli medi di questi giorni sono questi con il self-service. In altre parole, non ci sarebbe speculazione da parte dei gestori, sebbene non lo stesso probabilmente possa dirsi sui mercati internazionali, dove la corsa alle materie prime non rifletterebbe solamente l’accresciuta domanda, ma anche acquisti di natura prettamente finanziaria.

Secondo Goldman Sachs, il petrolio a fine anno salirà a 90 dollari. Qualche altro analista azzardo i 100 dollari. Tuttavia, a queste quotazioni cresce la pressione sull’OPEC, affinché acceleri i piani di aumento delle estrazioni.

L’Arabia Saudita ha strappato agli alleati del cartello un accordo per aumentare la produzione complessiva di 400.000 barili al giorno per ogni mese tra settembre e dicembre di quest’anno. Resta il fatto che gli USA pompano ancora almeno 2 milioni di barili al giorno in meno dei livelli pre-Covid. Ma proprio il balzo delle quotazioni ha accresciuto le estrazioni già di 1 milione di barili al giorno in appena tre settimane. Dovremmo auspicare che l’OPEC veda tale trend come un segnale minaccioso per le sue quote di mercato e decida di “sgonfiare” i prezzi aumentando la propria produzione per dissuadere la concorrenza americana dall’aumentare la sua.

[email protected]