Il 2021 si era concluso con un tasso di crescita del PIL italiano ben superiore alle stime iniziali. Nell’intero anno, l’economia era cresciuta del 6,6%, recuperando gran parte delle perdite subite nell’anno nero della pandemia. Il rallentamento era visibile già nelle ultime settimane tra novembre e dicembre, ma l’ottimismo restava elevato tra imprese, famiglie e lo stesso governo. Per il 2022, quest’ultimo aveva stimato una crescita del 4,7%. Già nelle prime settimane del nuovo anno, però, la corsa dell’inflazione smorzava gli entusiasmi.

Poi, la guerra. In pochi giorni, diversi istituti internazionali e privati hanno certificato quello che abbiamo sotto gli occhi: il rallentamento brusco dell’economia italiana.

Taglio delle previsioni di crescita

Secondo la Commissione europea, la crescita del PIL in Italia sarà del 2,4% quest’anno e dell’1,9% nel 2023. Sostanzialmente simili le previsioni del Fondo Monetario Internazionale: 2,5% quest’anno e 1,75% il prossimo. Andrà peggio per il Centro studi di Confindustria, che stima un magro +1,9% per il 2022, nonché l’ingresso in recessione intorno alla metà dell’anno. Prometeia intravede +2,2%, sempre per quest’anno.

Il governo Draghi ha già rivisto al ribasso la crescita del PIL al 3,1%. Questa è la stima contenuta nel DEF approvato in aprile dal Consiglio dei ministri. E, a ben vedere, appare già ottimistica. Ma forse non è un caso che abbia indicato quella cifra, volendo fare professione di ottimismo. Sotto il 3%, la crescita del PIL sarebbe insoddisfacente per l’Italia. E i mercati inizierebbero seriamente ad agitarsi. Non si tratta di alcuna soglia psicologica, bensì del limite sotto il quale l’economia italiana non tornerebbe per quest’anno ai livelli pre-Covid.

Crescita del PIL sotto 3%, allarme mercati

Nel frattempo, le stime sono state riviste al ribasso anche per l’intera Eurozona. La Commissione UE prevede un +2,7% per l’area. Arriverebbe dopo il +5,3% del 2021, a sua volta successivo al -6,8% nel 2020.

Tuttavia, questi dati certificherebbero che nel resto dell’Area Euro il PIL si riporterà alla fine del 2022 ai livelli del 2019 e, anzi, li supererà di circa lo 0,8%. L’Italia, no. E questo sarebbe un messaggio devastante per i mercati, specie nell’ottica di valutazione del nostro gigantesco debito pubblico. Anche perché nel 2019 l’economia italiana stava ancora a -4% rispetto al lontanissimo 2007. A parte la Grecia, non esiste economia occidentale che non avesse recuperato le perdite della crisi del 2008-’09.

Non a caso il premier Mario Draghi ambiva proprio a non scendere sotto il 3%. Ma nelle ultime settimane è assai probabile che si sia disilluso. Da economista di livello, è consapevole che la crescita del PIL dipende pochissimo dalle sue misure di sostegno all’economia, limitate dagli scarsi margini di manovra fiscale. Al contrario, rimane in balia di eventi non governabili, tra cui guerra e boom delle materie prime. Per questo ha cambiato toni sul conflitto e alla Casa Bianca ha chiesto un piano di pace per l’Europa. Si credeva che ci fosse andato per garantire appoggio totale e incondizionato dell’Italia agli USA. Infatti, lo spread galoppa e il pessimismo sull’Italia cresce.

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