A tre mesi e mezzo dall’inizio della guerra con l’Ucraina, la Russia sfodera la sua arma più temibile per l’Europa: il gas. La scorsa settimana, il colosso energetico Gazprom ha confermato di avere ridotto le forniture tramite il pipeline North Stream 1, quello che collega Russia e Germania attraverso il Mare del Nord. I tedeschi hanno dichiarato che gli afflussi di gas sono stati tagliati al 40% della capacità dell’impianto. Nelle stesse ore, ENI lamentava la consegna del 35% delle forniture richieste e pattuite, cioè un taglio di un terzo dell’offerta.

Venerdì, l’ammanco saliva al 50% Lo stesso accadeva in Francia, Olanda e Repubblica Ceca. E naturalmente i prezzi del gas sono tornati a impennarsi. Giovedì, schizzavano già a 150 euro per mega-wattora, il livello più alto toccato dal marzo scorso.

Taglio gas Russia, Europa in affanno

Sarà una coincidenza, ma il taglio delle forniture di gas all’Europa è arrivato in coincidenza con la visita di Emmanuel Macron, Mario Draghi e Olaf Scholz a Kiev, dove i tre leader hanno incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Non poteva esservi momento peggiore. Qualche giorno prima, gli USA avevano sospeso le loro forniture di gas all’Europa dopo che un incidente a un impianto nel Texas aveva reso impossibili le esportazioni. L’impianto è responsabile del 20% delle esportazioni americane di LNG e difficilmente sarà riattivato entro la fine dell’anno.

Formalmente, Gazprom ha giustificato il taglio delle forniture con esigenze di riparazione. La compagnia ritiene che, a causa delle sanzioni dell’Occidente, non sia possibile sapere con certezza se la riparazione possa avvenire in tempi brevi, dato che alcuni pezzi dovrebbero arrivare dal Canada. La Germania ha tacciato come “infondate” tali spiegazioni, sostenendo che il taglio sarebbe “politicamente motivato”. Come se non bastasse, North Stream 1 sarà chiuso per riparazione tra l’11 e il 21 luglio prossimo.

Da qui sono arrivati 55 miliardi di metri cubi di gas nel 2021, oltre un terzo del totale importato dall’Europa.

Energia razionata e inflazione alle stelle

In questi mesi, gli stati comunitari puntano ad accumulare scorte di gas fino all’80% della capacità delle riserve. Un modo per non farsi trovare impreparati in inverno, come accadde nei mesi scorsi per via di diverse vicissitudini. La Germania sarebbe già sopra il 50%. Tuttavia, la stessa ritiene che non sarà possibile tendere all’obiettivo con questi numeri delle forniture. E, dunque, la Russia gioca a metterci nel panico dinnanzi alla prospettiva di un secondo inverno con poco gas ed esponendoci alla volatilità delle quotazioni sui mercati. Un modo per accrescere la propria forza negoziale sul fronte bellico.

Il rischio di un razionamento energetico sta diventando sempre più probabile, per quanto non desiderabile. Soprattutto, l’inflazione rischia di accelerare ulteriormente e restare elevata più a lungo del previsto. Uno scenario horror per i governi, che temono di doversi barcamenare nei prossimi mesi tra rialzo dei tassi, prezzi alle stelle ed economia in picchiata. Anche per questo i tre leader europei a Kiev ci sarebbero andati con l’intenzione di far capire a Zelensky che la guerra deve finire quanto prima. Nessuno può permettersi di arrivare in inverno con poche scorte di gas e i prezzi alle stelle. Ma una vittoria della Russia sul campo sarebbe esiziale per l’Europa. Per questo la guerra non potrà finire poi così presto.

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