L’anno che sta finendo sarà ricordato come un periodo d’oro per le banche italiane e, più in generale, per quelle europee. Dopo un lungo decennio di tassi negativi, il costo del denaro nell’Eurozona è finalmente risalito. In poco più di un anno, è stato portato da zero al 4,50%. Per gli istituti di credito, manna dal cielo. Per troppo tempo erano stati costretti a comprimere i loro margini d’interesse, non avendo potuto trasferire sui clienti i tassi negativi. Invece, nei primi nove mesi del 2023 soltanto i primi cinque gruppi in Italia hanno maturato profitti per 15,7 miliardi di euro.

E’ stato così superato il dato dell’intero 2018 ed eguagliato quello del 2019. Complessivamente, nei dodici mesi ci si aspetta un maxi-utile di 43 miliardi, in crescita del 70%.

2023 anno di festa in borsa

Inevitabile la festa in borsa: +40% solo quest’anno ad oggi contro un +27,5% messo a segno dall’indice generale, il famoso Ftse Mib. La borsa italiana è risalita ai massimi da quindici anni e mezzo, superando nelle ultime sedute la soglia dei 30.000 punti. Impensabile fino a qualche mese fa. Il Tesoro ha approfittato del buon momento per finalizzare la vendita del 25% di Monte Paschi, incassando 920 milioni di euro. L’istituto senese punta a chiudere l’esercizio in corso con un utile netto di 1,1 miliardi. Tuttavia, dal 6 dicembre scorso le banche quotate a Piazza Affari hanno registrato in media cali del 4%. Fine del rally?

Il trend negativo dell’ultima settimana non è un’esclusiva italiana. La Banca Centrale Europea (BCE) ha anche ieri mantenuto i tassi di interesse fermi. Sebbene ufficialmente non si parli ancora di tagliarli, il mercato si è portato avanti e sconta una riduzione del costo del denaro dell’1,50% entro un anno. L’inflazione nell’Eurozona è scesa al 2,4% a novembre, avvicinandosi al target del 2%. Un po’ ovunque tra le grandi banche centrali tira aria di allentamento monetario da qui a qualche mese.

La stessa Federal Reserve prevede tre tagli nel corso del 2024 dello 0,25% ciascuno.

Banche, ottimismo più cauto

In pratica, la principale ragione che ha spinto i titoli delle banche in borsa, sta per venire meno. Tassi più bassi ridurranno i profitti, anche se quasi certamente non torneremo ai livelli infimi del periodo pre-bellico. C’è anche il rischio che gli effetti della stretta di quest’ultimo anno si palesino nei prossimi mesi, quando la domanda si contrarrà e trascinerà le economie dell’Eurozona giù. E ad ogni recessione esiste il rischio concreto che i crediti deteriorati aumentino, cioè che le imprese più in difficoltà non riescano a rimborsare i prestiti ottenuti dalle banche.

La borsa italiana ha beneficiato più delle altre del boom delle banche in borsa. Il motivo è semplice: esse hanno un peso maggiore sul listino. Adesso che il trend potrebbe cambiare verso, Milano accuserebbe il colpo maggiore. C’è da dire che per il momento ci limitiamo a immaginare una correzione dopo i forti rialzi dei mesi scorsi. Non c’è pessimismo tra i banchieri, non ancora. E la recessione è tutt’altro che scontata. Ad oggi, le stime ufficiali dei governi, dell’Unione Europea, della BCE e delle principali organizzazioni internazionali parlano tutte di una crescita bassa per il PIL dell’Eurozona nel 2024, non di un ripiegamento.

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