Si dice che due indizi non facciano una prova, ma tre ci somiglino molto. Se questo è vero, a settembre la Banca Centrale Europea (BCE) dovrebbe prendersi una pausa sull’aumento dei tassi di interesse. Come abbiamo scritto dopo la pubblicazione dei dati macroeconomici di lunedì, nell’insieme il quadro non deporrebbe a favore di un allentamento della stretta monetaria. A luglio, l’inflazione nell’Eurozona è scesa di poco, dal 5,5% al 5,3%. E l’inflazione “core”, al netto di energia e generi alimentari, è rimasta invariata al 5,5%.

Vi ricordiamo che il target d’inflazione della BCE è del 2% nel medio termine. Inoltre, il PIL nell’Eurozona è tornato a crescere: +0,3% nel secondo trimestre dopo un primo trimestre di stagnazione seguito a un calo.

Indizi su sospensione stretta a settembre

Perché mai Christine Lagarde e il suo board dovrebbero fermarsi dall’aumentare i tassi BCE anche a settembre? Il punto è che il mercato non crede a una prosecuzione della stretta. E qui arriviamo agli indizi di cui sopra. Anzitutto, il cambio euro-dollaro è sceso nuovamente sotto la soglia di 1,10. A metà luglio, aveva superato 1,1250, attestandosi ai massimi da febbraio 2022. Secondo indizio: i rendimenti del Bund a 2 anni sono tornati a scendere, restando sotto 3,20%. Essi tendono a seguire l’andamento atteso dei tassi sui depositi bancari, saliti al 3,75% con l’ultimo board a luglio.

E lo spread BTp-Bund a 10 anni, così sensibile alle variazioni della policy, stringe a 160 punti base o 1,60%. Sappiamo che nel caso in cui il mercato fiuta un restringimento delle condizioni monetarie, il rischio sovrano percepito a carico del debito pubblico italiano sale. Questo, invece, è sceso ai minimi da novembre 2021, se consideriamo i CDS 5 anni. Volendo, ci sarebbe un quarto indizio: l’Euribor a 3 mesi. Esso segue i tassi sui depositi bancari. I futures ci segnalano che per settembre il mercato non sconterebbe più un aumento dei tassi BCE.

Semmai, crede che sarebbe possibile entro dicembre.

Com’è possibile che il mix tra alta inflazione e crescita economica non spinga Francoforte a proseguire con la stretta? Al di là dei dati medi, l’economia italiana è tornata a contrarsi dopo un primo trimestre molto positivo. E l’economia tedesca non è tornata a crescere dopo essere entrata in recessione tecnica. Si è limitata a ristagnare. All’Eurotower più di qualche funzionario metterebbe in dubbio la capacità di aumentare i tassi BCE senza provocare una recessione dell’intera economia. Il dato sorprendentemente positivo del secondo trimestre non avrebbe impressionato più di tanto.

Tassi BCE, possibile ultimo aumento entro l’anno

Una pausa, come detto, non sarebbe necessariamente la fine della stretta sui tassi BCE. Lagarde si prenderebbe più tempo per valutare il nuovo flusso di dati macro. A fine ottobre o a dicembre, avrebbe un quadro più chiaro su inflazione e crescita. Se la prima restasse alta e la seconda non scemasse eccessivamente, un nuovo aumento sarebbe più che probabile. Viceversa, se la prima scendesse in misura convincente, se ne potrebbe fare a meno. Lo stesso ha fatto la Federal Reserve a giugno. Jerome Powell ha preferito rinviare la decisione a luglio. Nel frattempo, l’inflazione negli Stati Uniti è scesa al 3%, ma la crescita del PIL e la solidità dell’occupazione hanno spinto l’istituto ad aumentare i tassi ancora una volta. Non è detto che la stretta non prosegua a settembre.

Finora non si registrano scricchiolii bancari nell’Eurozona. E questo è un altro elemento confortante per la BCE. Anzi, questa è parsa così sicura dello stato di salute delle banche nell’area da avere azzerato i tassi di interesse sulle riserve obbligatorie. D’ora in avanti, 165 miliardi di euro di liquidità non saranno più remunerati. Ciò si traduce in minori introiti per gli istituti di credito, i quali continuano ad approfittare dell’aumento dei tassi, riportando trimestrali con profitti elevatissimi.

Tirando le somme, il mercato crede che la stretta sui tassi BCE volga alla fine, anche se non esclude che per dopo settembre si avrà un ultimo inasprimento delle condizioni monetarie.

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