Prendiamolo per quello che è: un esperimento dai risultati tutt’altro che scontati. Sta di fatto che si avvertiva il bisogno di uno sforzo comune per reagire alla spirale crescente dei prezzi al consumo, che nell’ultimo anno e mezzo sta travolgendo il potere di acquisto dei consumatori. Grazie alla mediazione del Ministero per il Made in Italy, debutta da domani al supermercato il cosiddetto Patto anti-inflazione. L’iniziativa mette d’accordo dopo trattative lunghe ed estenuanti sia i distributori che i principali produttori dell’industria alimentare e non.

Obiettivo: dare una calmata ai prezzi per almeno tre mesi. Centinaia di prodotti potranno essere acquistati e messi dentro il “carrello tricolore”, con tanto di bollino con bandiera italiana, avendo la certezza che i loro prezzi resteranno bloccati dall’1 di ottobre fino al prossimo 31 dicembre.

L’iniziativa è su base volontaria, perché il governo non può interferire sul processo di fissazione dei prezzi. Sarebbe non solo una violazione della libertà del mercato, ma anche della concorrenza. Per questo i distributori hanno aderito al Patto anti-inflazione su un numero di prodotti che varia da catena a catena: più di 1.200 per Coop, 900 per Carrefour, oltre 600 per Conad e 300 per Despar. L’iniziativa prevede anche sconti del 10% su prodotti a marchio e offerte del tipo “30 prodotti a 30 euro”.

Ferrero aderisce e può aiutare i consumatori

E c’è un’altra buona notizia che è arrivata nelle ultime ore. Il gruppo alimentare Ferrero ha annunciato che aderirà al Patto anti-inflazione, considerando la perdita del potere di acquisto una “cosa seria”. Questo significa, anzitutto, che numerosi prodotti di largo consumo acquistati dagli italiani avranno finalmente prezzi calmierati. Ma, soprattutto, potrebbe scatenarsi una concorrenza virtuosa tra grandi produttori nazionali per mostrare vicinanza alle famiglie, magari man mano che si avvicinino le feste natalizie.

Mai come in questi mesi i consumatori italiani apprezzano la sensibilità di chi offre loro un minimo di sollievo.

Pur in rallentamento, i prodotti alimentari non lavorati sono rincarati di un altro 0,6% mensile a settembre e del 7,7% su base annua. Sono i dati Istat, che nel complesso vedono i prezzi in crescita del 5,3% dal 5,4% di agosto. Il Patto anti-inflazione non sarà una panacea. Nessuno s’immagini che l’inflazione scenderà o si azzererà grazie alle pur numerose adesioni di distributori e produttori, comprese le farmacie. Infatti, stiamo parlando di un esperimento, pur un po’ tardivo.

Patto anti-inflazione, decide il mercato

Come sempre, saranno le dinamiche del mercato a far aumentare, scendere o stabilizzare i prezzi al consumo. Se i costi di produzione aumentano, non ci sarà modo per limitarne l’impatto sui consumatori. A meno che la distribuzione non decidesse di ridurre i propri margini, un fatto improbabile e persino insostenibile in molti casi. Semmai, il Patto anti-inflazione potrà servire come una strigliata nei confronti di quelle parti della filiera che hanno aumentato i margini di profitto di recente gonfiando i prezzi ben oltre la lievitazione dei costi patita.

Il resto lo farà la domanda, cioè noi tutti consumatori. Le vendite al dettaglio in volume sono già state in calo del 4,5% a luglio, mentre la fiducia dei consumatori a settembre è scesa ai minimi da giugno. Dunque, esistono già segnali di forte stress tra le famiglie. Non è un caso che la filiera abbia prima in parte anche approfittato dell’inflazione per rincarare i prezzi. Una volta preso atto che le tasche dei consumatori si stiano svuotando, ha accettato qualche mite consiglio del governo. I risparmi accumulati in era Covid si stanno assottigliando e ciò contribuisce a ridurre i consumi.

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