L’azienda dolciaria veronese Paluani compie 100 anni e potrebbe essere l’ultimo che festeggia. Se il Natale andasse male per la vendita dei pandori, lo storico marchio italiano rischia di sparire. Lunedì scorso, il Tribunale fallimentare di Verona ha accolto l’istanza di concordato preventivo avanzata dagli organi societari, il passo che eviterebbe la chiusura. La società è guidata da Luca Campedelli, figlio di quel Luigi che la rilevò nel 1968 assieme al socio Gino Cordioli dal Tribunale fallimentare. Il manager è stato anche il più giovane presidente di una squadra di calcio, quando fu nominato a capo del Chievo nel 1992 a soli 23 anni.

E la vicenda di Paluani s’intreccia tristemente con quella proprio del Chievo, la cui favola è finita in questi mesi con il fallimento del club, impossibilitato ad iscriversi al campionato di Serie B per i 18 milioni di debiti contratti con il solo Fisco. Il Comune di Verona risulta, invece, creditore per altri 3 milioni, in conseguenza dei mancati pagamenti circa l’utilizzo dello stadio Bentegodi.

Creditori Paluani e rischio fallimento

La lista dei creditori di Paluani e ammessi al concordato preventivo è abbastanza lunga: INPS, BPM, BPER, Carige, Credit Agricole, Credito Valtellinese, Unicredit, Caribolzano, Cerea Banca, Valsabbina, Cartotecnica Tifernate S.p.A., Sti Pac Trasp. Industriali, ecc.

Paluani avrà tempo fino al 22 febbraio per presentare al giudice un piano di ristrutturazione del debito e di rilancio aziendale. L’avvocato Matteo Creazzo e il commercialista Andrea Rossi sono stati nominati commissari giudiziali con il compito di redigere un budget economico e cash flow aggiornati rispetto alla data di presentazione della richiesta.

La crisi di Paluani sta nei numeri e rischia di mandare a casa 75 lavoratori dipendenti con contratto fisso e altri 500 stagionali. Il gruppo dolciario aveva chiuso il 2018 con un fatturato di 56 milioni, dimezzatosi con la pandemia. E anche questo tracollo ha influito sulla crisi.

A questo punto, decisive si riveleranno le vendite dei pandori a Natale. Dovessero andare male, l’azienda non sarebbe in grado di presentare in tribunale un piano credibile di rilancio e, a quel punto, lo storico marchio rischierebbe di sparire dal mercato esattamente dopo 100 anni.

Le cause della crisi Paluani

Il tema di fondo è stato il Covid, che ha compresso i volumi di vendita e la redditività. Tuttavia, in occasione della Pasqua di quest’anno l’azienda aveva registrato il migliore risultato economico di sempre grazie a una mutata strategia qualitativa, che puntava più sull’aspetto qualitativo che non quantitativo. Era stato lanciato con successo l’Offella Fior di Burro, un dolce artigianale tipico della tradizione dolciaria scaligera a forma di Arena di Verona.

Dopodiché, in estate è arrivata la grana Chievo, che ha impattato terribilmente sui conti di Paluani e da lì in poi l’azienda non è più riuscita a ripartire, fermando la produzione per la campagna natalizia. Ed è un vero peccato, dato che il portafoglio ordini risulta essere stato particolarmente positivo grazie a un lavoro di riposizionamento del brand e accettato dalla grande distribuzione organizzata. Per il momento, la campagna è ferma, sebbene i vertici stiano cercando di implementarne una minimal per di tenere in vita l’azienda.

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