Associazione bancaria italiana, Associazione prestatori di servizi di pagamento, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Fipe hanno siglato un accordo davanti al Ministero di economia e finanze per rendere meno onerose le commissioni sui pagamenti con POS. L’intesa era attesa da sette mesi e prevede l’abbattimento dei costi per importi sotto 30 euro e finanche l’azzeramento sui micro-pagamenti di importo unitario fino a 10 euro. Riguarderà le imprese con un giro d’affari annuo fino a 400 mila euro. Le offerte saranno più trasparenti, così da risultare maggiormente comparabili.

L’iniziativa è stata salutata con favore da tutte le categorie coinvolte, oltre che dal governo. Questi non poteva per legge imporre un tetto alle commissioni sui pagamenti con POS. D’altra parte, l’accordo stesso non fissa limitazioni, le quali contrasterebbero con il libero mercato. Per non incorrere nella bocciatura dell’Antitrust, non ci può essere alcun obbligo formale. Pertanto, bisognerà verificare con i fatti che dalle parole si passi ai fatti.

Pagamenti digitali sempre più diffusi

I pagamenti con POS, ovvero con carta di credito o bancomat, hanno superato la soglia dei 300 miliardi di euro nel 2022, attestandosi a 306 miliardi. E quest’anno sono attesi a 367 miliardi. Di fatto, ormai poco meno di un terzo delle transazioni per valore avviene attraverso pagamenti digitali. Entro un paio di anni, supererebbero in valore le transazioni in contanti. Pertanto, le polemiche sui presunti ostacoli di varia natura alla diffusione dei pagamenti con POS appaiono strumentali e smentite dai fatti.

Commissioni POS restano alte

C’è un discorso a cui non si può sfuggire: le commissioni. Commercianti e artigiani lamentano che siano ancora elevate e il fatto che banche e offerenti servizi di pagamenti digitali abbiano convenuto sulla necessità di un accordo darebbe loro ragione. Tuttavia, non è confidando sul buon cuore delle controparti che il problema sarà superato.

L’Italia ha bisogno di maggiore concorrenza ovunque. Lo abbiamo visto anche in questo periodo con l’aumento esplosivo dei prezzi al consumo. Laddove la concorrenza è più bassa, i consumatori hanno accusato maggiori rincari.

Nello specifico, serve concorrenza tra banche e tra soggetti che offrono servizi di pagamento. In concomitanza alla crescita dei volumi transati, solo così assisteremmo all’abbattimento progressivo e strutturale dei costi a carico degli esercenti. I risparmi stimati a seguito dell’accordo sono di 500 milioni di euro ogni anno. Considerate che tra commissioni, installazione e utilizzo dei POS i costi sono stimati in 5 miliardi all’anno. Alla faccia di chi fa i conti in tasca agli altri senza capire che il problema sia a monte, vale a dire una struttura finanziaria poco innovativa e chiusa.

Pagamenti POS, mercato farà il suo lavoro

Non servono obblighi normativi per costringere chicchessia ad accettare pagamenti con POS. Sarà il mercato a regolarsi, così come sta già avvenendo. Chi non accetta carte di credito e bancomat, verosimilmente sta perdendo fette di clientela, perlopiù giovane, ritagliandosene un’altra meno a suo agio con i pagamenti digitali. Alla fine, chi avrà soddisfatto maggiormente la clientela, uscirà vincitore da questa fase di cambiamento. Gli altri soccomberanno. Senza leggi, senza obblighi.

Eh, ma l’evasione fiscale? Se qualcuno pensa che sarà azzerata dai pagamenti con POS, si ricrederà tra qualche anno, cioè quando le transazioni in contanti saranno poche e per un valore minoritario. Soprattutto, in quel concetto di concorrenza sopra accennato rientra anche la possibilità di poter sempre pagare con banconote e monetine. Solo se consumatori e imprese avranno un’alternativa disponibile ai pagamenti digitali il sistema finanziario eviterà di imporre le sue condizioni al mercato. Una volta che il contante dovesse sparire dalla circolazione, chi ci garantisce che banche e gestori della moneta elettronica non ne approfittino per alzare le commissioni e fare cassa a nostre spese?

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