Le sanzioni dell’Occidente contro la Russia sono state durissime e stanno colpendo nel segno. Il rublo ha perso circa un terzo del suo valore quest’anno e la banca centrale non riesce a sostenerne i tassi di cambio. Non ha accesso al mercato forex e, soprattutto, le sono state “congelate” le riserve valutarie per circa 300 dei 643 miliardi di dollari. Si tratta degli assets investiti nell’Occidente. Tra queste rientra l’oro, le cui riserve ufficiali sono salite a poco meno di 2.300 tonnellate dalle 500 del 2008.

La Banca di Russia ha comunicato che, a partire dallo scorso martedì, sospende gli acquisti di oro dalle banche. Non si sa quanto durerà tale sospensione, la quale prospetterebbe un miglioramento del deficit strutturale di liquidità del sistema bancario da quasi 7.000 a meno di 3.000 miliardi di rubli (25 miliardi di euro). Nei giorni passati, l’istituto aveva acquistato oro dalle banche domestiche per girare loro rubli. Inoltre, esso ha giustificato la mossa con la necessità di soddisfare la domanda di oro da parte dei cittadini.

Il metallo potrebbe diventare un ancora di salvezza per il sistema economico e finanziario russo. Il controvalore in dollari delle riserve auree ammonta a più di 140 miliardi ai prezzi attuali. In casi estremi, Mosca può disfarsene parzialmente per incassare valuta forte a sufficienza per resistere alle sanzioni e continuare a intrattenere relazioni commerciali con il resto del mondo, Occidente quasi totalmente escluso. Tuttavia, non le sarebbe facile venderlo. Le sanzioni colpirebbero probabilmente le entità statali e private che acquistassero oro russo.

Il soccorso d’oro della Cina

Esistono canali non ufficiali, però, in cui compiere tali operazioni. Lo dimostra il Venezuela di Nicolas Maduro, che avvalendosi proprio del supporto di Mosca è riuscito negli ultimi anni a vendere parte delle sue riserve auree per incassare dollari e mantenere in vita il suo regime.

Grossi quantitativi, ad ogni modo, risulterebbero difficilmente assorbibili dai canali informali. A meno che ad acquistare non fosse la Banca Popolare Cinese, che negli ultimi anni sta aumentando le proprie riserve auree per competere con quelle occidentali. Peraltro, Pechino è solita comunicare gli aggiornamenti delle variazioni a distanza di molto tempo dal loro verificarsi. Potrebbe aiutare così l’alleato russo senza dare molto nell’occhio. Nessuno saprebbe nell’immediato se e in quale misura lo starebbe sostenendo. In cambio, riceverebbe lingotti a prezzi scontati rispetto alle alte quotazioni internazionali.

C’è di più. Poiché la Banca di Russia starebbe iniziando a vendere l’oro ai propri stessi cittadini, la liquidità in circolazione nel paese si ridurrebbe e con essa anche il rischio di un’inflazione incontrollata. Attualmente, le riserve auree russe ammontano al 40% di tutti i rubli in circolazione. Se i russi si rivolgeranno essenzialmente alla loro banca centrale per mettere al sicuro i risparmi, anziché convertirli in valute straniere forti come dollaro ed euro, anche la pressione sul rublo si allenterebbe. Il fatto che ad oggi il governatore Elvira Nabiullina non abbia iniziato a vendere parte delle riserve, significa che la situazione finanziaria non sarebbe al collasso come crediamo e che probabilmente il default sovrano sarebbe voluto per infliggere perdite al sistema occidentale.

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