Il prezzo del petrolio è sceso ieri ai minimi da inizio dicembre, ripiegando a 52,30 dollari al barile per il Brent e sotto i 49,50 dollari per il Wti americano. Per trovare valori così bassi, bisogna risalire all’accordo OPEC di fine novembre scorso, quando il cartello petrolifero concordò al suo interno un taglio della produzione per 1,2 milioni di barili al giorno e successivamente siglò l’intesa con altri 11 produttori per ulteriori -540.000 barili al giorno. Ma anche le quotazioni dell’oro sono scese ieri in direzione 1.200 dollari, quando soltanto un paio di settimane fa avevano toccato l’apice dalla vittoria di Donald Trump alle elezioni americane di novembre.

Cosa sta facendo raffreddare i prezzi di queste due commodities? Nel caso del petrolio, è la crescente offerta negli USA a destare i dubbi di analisti e mercato sull’efficacia del taglio alla produzione dell’OPEC, come testimoniano i livelli record delle scorte di greggio, i pozzi nuovi riattivati per le estrazioni e l’aumento dei barili estratti quotidianamente negli ultimi mesi. In pratica, l’OPEC taglia e l’America ne approfitta per aumentare la propria offerta, giovandosi di quotazioni in rialzo rispetto ai minimi toccati a inizio 2016. (Leggi anche: Petrolio, prezzi bassi per anni)

Petrolio e oro in parte legati

I prezzi dell’oro si deprimono per l’attesa di un rialzo dei tassi quasi certo negli USA da parte della Federal Reserve. La nuova stretta dovrebbe rafforzare ulteriormente il dollaro, cosa che tende a ridurre le quotazioni delle materie prime (petrolio, incluso) denominate nella divisa americana. Inoltre, tassi americani più alti aumentano il costo-opportunità derivante dalla detenzione di oro, essendo un asset senza cedola. Dunque, i rendimenti dei Treasuries salgono e i prezzi aurei scendono.

E la debolezza del petrolio influenza, in un certo senso, anche quella dell’oro. Se il boom dei prezzi del petrolio nei mesi scorsi ha fatto percepire un ritorno dell’inflazione, cosa che ha parzialmente stimolato anche i prezzi dell’oro, le cose starebbero andando adesso nella direzione opposta o comunque non starebbero proseguendo in quella seguita fino a qualche settimana fa.

(Leggi anche: Petrolio, prezzi in stallo a 55 dollari)

Oro a 1.400 dollari a fine anno?

L’oro è acquistato anche a scopo di tutela contro i rischi geo-politici e l’inflazione. Se i primi restano intatti, la crescita dei prezzi presso le economie avanzate potrebbe, invece, rallentare nei prossimi mesi, a causa della stabilizzazione delle quotazioni petrolifere, che adesso iniziano a ripiegare intorno alla soglia dei 50 dollari.

Gli analisti di Bank of America si mostrano, però, un po’ ottimisti e spiegano che, tra elezioni europee, rischio protezionismo con la presidenza Trump e le tensioni inflazionistiche, ci sarebbe spazio per una risalita dei prezzi dell’oro fino a 1.400 dollari l’oncia entro la fine di quest’anno. Sarebbero 200 dollari in più rispetto ai livelli attuali, circa il +16,5% da oggi. (Leggi anche: Prezzi oro 2016, riassunto)

Ieri, invece, vi avevamo citato le previsioni di due big del settore petrolifero, che stimano quotazioni basse per anni e non superiori ai 55-60 dollari. Se fossero confermate, rappresenterebbero un duro colpo anche per l’oro, perché al netto di ogni altra considerazione, con un’inflazione destinata a rimanere ai livelli attuali a lungo, se non inferiore, non si vede da cosa il metallo dovrebbe prendere energia per risalire la china. Vero è anche, però, che un greggio sottotono potrebbe rallentare la stretta negli USA, rendendo meno necessario alzare ancora i tassi a poca distanza di tempo. Sarà l’inflazione a fare la differenza.