Si terrà stamane la quinta riunione del board della Banca Centrale Europea (BCE) per decidere sui tassi di interesse. Stando alle previsioni di analisti e mercato, è certo che vi sarà il nono aumento consecutivo. La stretta monetaria iniziò nel luglio dello scorso anno, quando il costo del denaro era pari a zero. A inizio giugno era stato già portato al 4% e questo pomeriggio sarà ritoccato quasi certamente al 4,25%. Nel frattempo, saliranno anche i tassi sui depositi bancari al 3,75% e sui rifinanziamenti marginali al 4,50%.

L’attenzione sarà tutta concentrata sulla conferenza stampa del governatore Christine Lagarde. Oltre a leggere il comunicato del board, fornirà qualche indicazione in più sui prossimi passi che la BCE intende compiere nell’ambito monetario. La stretta proseguirà a settembre o quella di oggi sarà l’ultima? Questo è l’unico aspetto che resta da indagare. Le opinioni restano divergenti in seno all’istituto. I “falchi” continuano a sostenere la necessità di proseguire anche dopo l’estate, le “colombe” chiedono prudenza.

Stretta di oggi ultima o penultima?

Tra i primi, però, qualche crepa si nota. Il governatore centrale olandese Klaas Knot ha spiegato nei giorni scorsi che l’aumento dei tassi BCE a settembre sarebbe tutt’altro che una certezza. Negli stessi giorni, l’italiano Ignazio Visco rassicurava che la discesa dell’inflazione potrebbe accelerare oltre le previsioni nei prossimi mesi. Insomma, nel complesso Francoforte inizia a segnalare che la fine della stretta sarebbe vicina, per quanto non necessariamente immediata.

Dopo che oggi i tassi BCE saliranno, probabile che all’indirizzo di Lagarde vi saranno nuovi attacchi, specie da Roma. Il governo italiano è quello che esterna maggiormente la sua contrarietà alla stretta. A giugno, lo fece per bocca dei due vice-premier e della premier Giorgia Meloni. Alle critiche si aggiunse anche il portoghese Antonio Costa. Il Fondo Monetario Internazionale prevede rischi al ribasso per la crescita dell’economia italiana.

Due le principali cause: ritardi con il Pnrr e per l’appunto l’aumento dei tassi BCE. Quest’ultimo innesca una crescita della spesa per interessi, riducendo i margini di manovra fiscale dell’Italia e, anzi, imponendole un’accelerazione nel taglio del deficit.

Aumento tassi BCE doloroso e necessario

Senza dubbio i rischi connessi alla stretta sui tassi BCE esistono. Ma la politica monetaria non può abbandonare il suo mandato per soddisfare obiettivi di natura fiscale. La lotta all’inflazione non è un’invenzione masochistica di Lagarde e dei “falchi” del Nord Europa. Sebbene l’inflazione nell’Eurozona sia esplosa per cause esogene, vale a dire il boom dei prezzi dell’energia, nei mesi si è auto-alimentata tramite le aspettative. Lo segnala vistosamente l’aumento del dato “core”, cioè al netto di energia e generi alimentari. Se la BCE non contiene la domanda interna aumentando il costo del denaro, l’alta inflazione diverrebbe un fenomeno strutturale della nostra economia.

Antipatico che possa sembrare, tassi BCE più alti finiscono per rimettere le cose a posto. “Distruggono” domanda in eccesso, colpendo il mercato del credito e frenando così investimenti delle imprese e consumi delle famiglie. Non è quello che vorremmo sentirci dire, ma è quanto serve per evitare di perdere potere di acquisto per anni e anni. L’instabilità dei prezzi finirebbe per disorientare imprese e consumatori, sfociando in una recessione. Dunque, la soluzione dolorosa che anche oggi sarà adottata dall’Eurotower non ha alternative. Se ci fossero, qualcuno nel mondo le prenderebbe. Dovremmo sperare, invece, che la stretta si mostri massimamente efficace nel minore tempo possibile, così che l’inflazione rientri e le incertezze per l’economia si riducano.

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