Con il 2023 è finito il vecchio reddito di cittadinanza come lo abbiamo conosciuto sin dalla sua introduzione dall’aprile 2019. Ma l’arrivo del nuovo anno vede il debutto del nuovo sussidio targato governo Meloni. Si sdoppia in Assegno d’inclusione e Supporto per la formazione e il lavoro. Rispetto a prima cambia la platea dei destinatari, che si restringe. Coloro che hanno un’età compresa tra 18 e 59 anni, senza disabilità o minori a carico, non potranno più fare domanda. Sono ritenuti “occupabili”.

Potranno tutt’al più e per un periodo di dodici mesi iscriversi a un corso di formazione per ottenere 350 euro mensili.

La filosofia del nuovo reddito di cittadinanza ne esce stravolta. Il Movimento 5 Stelle aveva presentato il sussidio come un diritto spettante a tutti coloro che percepiscono redditi bassi, inferiori ai 780 euro al mese. Questo riferimento resta, essendo necessario un Isee non superiore a 9.360 euro annui (780 euro mensili) per richiedere l’Assegno d’inclusione. Tuttavia, esso spetta solo a coloro che non siano considerati in grado di lavorare, vuoi per l’età, per le condizioni fisiche o perché con soggetti minori a carico.

Assegno d’inclusione e Supporto formazione e lavoro

Stando ai dati Inps sinora disponibili, il nuovo reddito di cittadinanza sarà in media più sostanzioso: 635 euro al mese. Ma le richieste riguardano mezzo milione di percettori contro una media di 1,3 milioni nei primi sei mesi dello scorso anno. A conti fatti, su base annua la spesa dello stato si attesterebbe sui 3,8 miliardi. Ma ad essa dobbiamo sommare quella per il Supporto per la formazione e lavoro. In questo caso, circa 150 mila le domande presentate e, ad oggi, 56 mila quelle accettate dall’Inps.

Calcolando un esborso di 350 euro per dodici mesi, siamo su altri circa 630 milioni all’anno per il caso in cui tutte le richieste venissero accettate.

Il totale risulterebbe inferiore ai 4,5 miliardi. Questo dato si confronta con un esborso stimato sui 31,5 miliardi per il vecchio reddito di cittadinanza nei cinquantuno mesi che vanno dall’aprile del 2019 al giugno scorso. Verosimile che il dato complessivo sia salito a 35 miliardi al 31 dicembre. In altre parole, la media di 7,4 miliardi all’anno, pur con oscillazioni ampie dovute a causa della pandemia. Ad esempio, nel 2021 i percettori s’impennarono a 1,8 milioni per un numero totale di 4 milioni di persone assistite e una spesa sui 10 miliardi.

Risparmi di spesa con nuovo reddito di cittadinanza

Il governo Meloni ha stimato con la legge di Bilancio per il 2024 risparmi di spesa inferiori al miliardo. In base a quanto scritto sopra, i risparmi massimi arriverebbero a 3 miliardi, un paio in più delle previsioni ufficiali. I sostenitori del reddito di cittadinanza lamenteranno che si tratti di tagli sulla pelle dei cittadini più poveri. I detrattori giubileranno per la riduzione del grado di assistenzialismo.

Gli stessi numeri sul Supporto per la formazione e il lavoro hanno acceso il dibattito. Poche le richieste pervenute sul sito del Ministero del Lavoro per iscriversi ai corsi di formazione, la prova per alcuni che i vecchi percettori del reddito di cittadinanza non volessero lavorare, bensì intascarsi passivamente il sussidio. Per le opposizioni, invece, la conferma che il passaggio dal vecchio al nuovo sistema lascerà molte famiglie senza assistenza.

Rischio truffe rimane

Altra questione riguarda le numerose truffe ai danni dei contribuenti. Inutile nascondersi dietro a un dito. Il reddito di cittadinanza, essendo stato rivolto ovviamente alle famiglie con redditi (dichiarati) bassi, si presta ad abusi. Tra lavoro nero diffuso al Sud e la tentazione di arrotondare il sussidio per sbarcare il lunario, non sarà mai possibile sradicare il fenomeno delle truffe, salvo quelle più scandalose e ad opera della criminalità organizzata.

Campania, Sicilia, Lazio e Lombardia restano le regioni in cui sono state inviate le richieste più numerose. Non è una sorpresa. Si tratta delle realtà più grandi e la classifica resta guidata dal Centro-Sud.

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