Anche nel mese di settembre è cresciuto il numero degli occupati in Italia, che ha raggiunto il nuovo massimo storico sia in valore assoluto che in percentuale. Le persone che lavoravano in quel mese erano 23 milioni 656 mila, pari al 61,7% della popolazione in età lavorativa (15-64 anni). Questi dati continuano a smentire molte delle polemiche di questi mesi attorno al reddito di cittadinanza.

Richieste sussidio in forte calo da inizio anno

Sappiamo che sin dal suo insediamento alla fine di ottobre dello scorso anno, il governo di Giorgia Meloni ha perseguito una linea di contrasto ai sussidi generalizzati.

A partire dal luglio scorso, hanno potuto mantenerli i beneficiari di età pari o superiore ai 60 anni, coloro che hanno figli minorenni a carico e gli invalidi. Tutti gli altri lo hanno perso, sebbene stiano potendo iscriversi ai corsi di formazione per la riqualificazione professionale per accedere al sussidio di 350 euro al mese per dodici mesi.

Le opposizioni, Movimento 5 Stelle in testa, hanno paventato una sorta di macelleria sociale a seguito della fine del vecchio reddito di cittadinanza. La realtà sta andando in una direzione assai diversa. Già dai primi mesi di quest’anno le richieste per il sussidio erano crollate finanche dei due terzi su base annua. Dati che non sono passati inosservati all’Inps e che si spiegherebbero così: poiché il governo Meloni ha fatto subito presente che “chi può, deve andare a lavorare”, molti vecchi beneficiari o potenziali sprovvisti dei requisiti con la nuova normativa non hanno neppure tentato di fare domanda, fiutando che l’aria sia cambiata.

Occupazione record

Quando il governo Meloni nacque, il numero degli occupati si era già riportato ai massimi storici in valore assoluto e in percentuale. Da allora, contrariamente a molte delle attese, non ha fatto che migliorare. Segna una crescita di 410 mila unità e dell’1,2% in termini percentuali.

Nei primi undici mesi di attività, l’esecutivo di centro-destra ha potuto registrare anche un contestuale calo degli inattivi dal 34,3% al 33,2% della popolazione in età lavorativa. Si tratta di persone che non lavorano e che non cercano ufficialmente e attivamente un lavoro. Il loro numero risulta sceso di 470 mila unità. Allo stesso tempo, il tasso di disoccupazione è calato dal 7,8% al 7,4%.

Praticamente, in Italia abbiamo ancora troppi inattivi nel confronto con la media europea. Tuttavia, dall’insediamento del governo Meloni sono scesi di quasi mezzo milione. Non stiamo affermando che il calo sia dovuto in tutto o in parte grazie al governo, bensì sotto questo governo. In ogni caso, sono state smentite le cassandre che prevedevano sfracelli sociali. La perdita del reddito di cittadinanza non ha alimentato alcun malessere diffuso, anche perché nel frattempo si sono create molte opportunità di lavoro. E a tempo indeterminato: +443 mila su base annua, oltre a +115 mila posti di lavoro tra gli autonomi. Viceversa, i dipendenti a termine sono diminuiti di 47 mila unità.

Via reddito di cittadinanza, cresce appeal lavoro

Si riduce la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza e aumentano i posti di lavoro, tra l’altro stabili. La strategia di puntare sul lavoro e non sui sussidi ha senso. Stiamo tagliando la spesa assistenziale, pur solo di qualche miliardo di euro all’anno, mentre il gettito derivante dal versamento di Irpef e contributi previdenziale tende a salire per effetto dei nuovi posti di lavoro. Qualcuno eccepirà che si sarebbe potuto continuare a creare occupazione senza intaccare il sussidio pentastellato. In economia, però, tutto si tiene. Bonificare ogni mese finanche 1.200-1.300 euro al mese a persone che possono lavorare, significa picconare l’appetibilità del lavoro. In molti casi, ahi noi, gli stipendi percepiti per un’occupazione a tempo pieno neppure arrivano a tali livelli.

Non è automatico che tutti coloro che hanno perso il diritto al reddito di cittadinanza stiano trovando lavoro. I dati a livello macro non sono in grado di dirci quanti siano gli ex percettori ad essere entrati nelle statistiche degli occupati. Una cosa sembra, però, certa: le opportunità si sono moltiplicate, pur restando il tasso di occupazione in Italia tra i più bassi nel mondo occidentale. Ma per aumentarlo serve ridurre le alternative ai redditi da lavoro per coloro che possono permettersi di andare a lavorare. L’assistenzialismo ha già condannato da decenni un pezzo dello Stivale al regresso economico e sociale.

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