Se ci lasciassimo ingannare dalla statura fisica, Giorgia Meloni potrebbe apparire come l’alleato “minore” di Matteo Salvini. Ed è stato così fino a poco tempo fa. Lo imponevano i numeri. A gennaio, in occasione del voto per eleggere il presidente della Repubblica, fu il leader della Lega a dare le carte per il centro-destra. Egli era a capo del primo gruppo in Parlamento nella coalizione. Il disastro è stato sotto gli occhi di tutti. Un nome lanciato dietro l’altro e rielezione di Sergio Mattarella, inviso proprio al centro-destra.

Con le elezioni politiche in programma il 25 settembre, le carte le stanno già dando gli elettori. Per il momento sono quelli “virtuali” dei sondaggi, ma tutti sanno che Fratelli d’Italia è primo partito del centro-destra e, ormai stabilmente, del Paese. Vedremo se i dati reali confermeranno le previsioni. Intanto, sembra assodato che il 26 mattina la Lega rischia di raccogliere molti meno consensi del suo alleato.

Il boom di Fratelli d’Italia che si mangia la Lega

La piccola Giorgia si è mangiata il grande Matteo. E quel che più sorprende, è che ciò sia particolarmente vero al Nord. Praticamente sotto casa di Salvini. Fratelli d’Italia, infatti, è sempre stato un partito perlopiù meridionale, con le sue roccaforti elettorali prevalentemente collocate nel Lazio e in Sicilia. Anche per questo negli anni passati è stata, di fatto, l’interprete più rappresentativa di ceti sociali e lavorativi come dipendenti pubblici e famiglie meno abbienti. Ma i sondaggi ormai prospettano una situazione del tutto differente: il partito della Meloni risulta essere il primo tra le intenzioni di voto delle partite IVA, doppiando il Carroccio in una regione da sempre ultra-leghista come il Veneto come nei migliori sorpassi da gran premio.

Per quanto paradossale possa apparire, Fratelli d’Italia al Sud prenderebbe meno voti rispetto alla sua media nazionale. In altre parole, la crescita impetuosa dell’ultimo anno la si dovrebbe perlopiù al Nord e sembra andare tutta a discapito di Salvini.

Questa sorta di mutazione genetica ricorda un po’ quella che fu per il PD di Matteo Renzi. Con una differenza rilevante: in quel caso, si trattò di un partito che andò elettoralmente da sinistra a destra; qui, parliamo invece di un travaso di voti, in atto ormai da tempo, all’interno della stessa destra. Ma non per questo l’esito si presenta meno dirompente.

Meloni riferimento di una nuova destra

Chi si aspettava una Meloni anti-UE, contro il mercato e magari con bordate dirette alla borghesia italiana, è rimasto scioccato nel vedere che la campagna elettorale della probabile prima donna premier del nostro paese sia andata nella direzione opposta. Giorgia è e rimane “donna, madre e cristiana”, ma a fianco del suo spirito atlantista, è ben visibile una nuova linea non ostile sul controverso discorso Europa. E, a un conservatorismo autentico e responsabile. Ed ecco che si è, dunque, schierata nettissimamente contro la Russia di Vladimir Putin e a sostegno dell’Ucraina. Contro l’ipotesi di fare ulteriori debiti per placare il caro bollette. Contro il controverso strumento sociale e di sostegno del reddito di cittadinanza per concentrare risorse sul lavoro, per il taglio delle tasse senza minacciare i conti pubblici. E, infine, si è anche scagliata anche contro le ipotesi strampalate di varare un provvedimento per portare le pensioni minime a 1.000 euro da riconoscersi ben prima dei 67 anni di età.

Qualche cronista politico scorge in queste posizioni un furbo riposizionamento di convenienza della Meloni. La politica è fatta così, per carità. Nessuno ha idee totalmente genuine. Nel caso di Fratelli d’Italia, però, in pochi, hanno compreso anche a destra che siamo in presenza di una trasformazione ideologica di un partito che dal 4% viaggia ora intorno al 25% e che ha, nel frattempo, inglobato pezzi di società prima estranei al mondo post-missino.

Meloni è diventata il riferimento, volente o nolente, di quanti voteranno la coalizione credendo nel mercato, nel ruolo minimo dello stato e nella meritocrazia, con tutto quanto ne consegue in termini di posizioni su fisco, giustizia, privatizzazioni, politica estera, Europa.

Meloni a Palazzo Chigi sarà l’interlocutore dei governatori del Nord sui temi che stanno a cuore alla parte più produttiva del Bel Paese. Non per questo potrà abbandonare il Meridione, ma le istanze del partito Fratelli d’Italia delle origini non sono più le stesse. Restano Dio, Patria e Famiglia. Per il resto, ci saranno tante sorprese.

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