Svolta alla banca centrale in Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha licenziato il governatore Sahap Kavcioglu e ha nominato al suo posto Hafize Gaye Erkan. E’ la prima donna nella storia di Ankara a guidare l’istituto. Ha 41 anni ed è nata a Istanbul, ma dopo essersi laureata all’Università di Bogazici, ha intrapreso una carriera nel mondo della finanza negli Stati Uniti. I suoi primi passi furono nel 2005 in Goldman Sachs. Nel 2018 fu la prima donna sotto i 40 anni ad avere assunto il titolo di CEO o presidente di una delle prime cento società americane.

Curriculum di tutto rispetto, il suo nome è stato indicato ad Erdogan dal neo-ministro delle Finanze, Mehmet Simsek. Insieme dovranno gestire il delicato passaggio che porterà alla definitiva svalutazione della lira turca.

Il compito che è stato affidato a Erkan sarà tutt’altro che semplice. Nel marzo del 2021, Erdogan licenziò Naci Agbal e nominò al suo posto il più gradito Kavcioglu. Questi iniziò a tagliare i tassi d’interesse nel settembre dello stesso anno, incurante della continua salita dell’inflazione. Il cambio tra lira turca e dollaro precipitò e già a dicembre perdeva quasi il 45% su base annua. Da allora, è andata avanti questa politica scriteriata del taglio dei tassi con l’inflazione arrivata fino a più dell’85% nell’ottobre scorso. Al momento, risulta sceso a poco meno del 40%.

La nomina di Erkan è una buona notizia per i mercati. Sancisce l’apparente ritorno della Turchia alle politiche convenzionali. Ella dovrà da un lato permettere alla lira turca di scambiare contro le altre valute senza alcun sostegno della banca centrale. Dall’altro, dovrà tornare ad alzare i tassi d’interesse per combattere l’inflazione e cercare di attirare nuovamente i capitali stranieri.

Lira turca, svalutazione in corso e ora rialzo dei tassi

Venerdì, dopo la nomina il cambio tra dollaro e lira turca si aggirava in area 23,50.

Dal ballottaggio del 28 maggio il cambio perde un altro 15%. Prima delle elezioni la banca centrale aveva cercato di porre un argine al deprezzamento, fissando un tetto a 20:1. Ma la svalutazione si mostra indispensabile per evitare che le riserve valutarie si prosciughino del tutto. Ci saranno certamente anche conseguenze negative all’impatto: un cambio più debole renderà più costosi i beni importati dall’estero e ciò finirà per sostenere ulteriormente l’inflazione.

La speranza è che la fiducia dei mercati verso una politica monetaria ortodossa freni la caduta della lira turca sui mercati. Secondo gli analisti, il tasso di cambio dovrebbe assestarsi in area 25-28 contro il dollaro. Rispetto a venerdì, si tratterebbe di un ulteriore indebolimento fino al 15-16%. C’è da dire che già quest’anno ha perso il 20% e negli ultimi cinque anni ben l’80%. Da questo punto di vista, i turchi sembrano, ahi loro, ben abituati a gestire la caduta del cambio.

Nelle ultime settimane, in scia ai rumor sulle nomine i bond turchi in dollari hanno segnato rialzi consistenti, anche nell’ordine del 10% in termini di prezzo. E i rendimenti sono scesi sotto la doppia cifra. In effetti, la svalutazione della lira turca da un lato accresce i rischi di credito nel breve termine, dall’altro consentirà alla banca centrale di mantenere livelli più appropriati di valuta estera e di attirare capitali.

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