Secondo l’intelligence americana, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sarebbe imminente, mentre i servizi segreti del Regno Unito ipotizzano che Mosca avallerà un golpe dall’interno con l’obiettivo di piazzare a Kiev un governo fantoccio. Fatto sta che la tensione con l’Occidente non era mai stata così alta dalla caduta dell’Unione Sovietica.

USA e, con toni più morbidi, l’Europa minacciano gravi sanzioni nel caso in cui la Russia metta in atto il suo piano d’invasione dell’Ucraina.

Il Vecchio Continente, però, dipende dal gas russo per il 40% dei suoi consumi. Una percentuale elevatissima da rimpiazzare con qualche altro fornitore. Un altro 30% arriva dalla Norvegia e un 30% da Libia e Algeria. In questi giorni, gli USA stanno trattando con il Qatar sulle forniture di gas a favore dell’Europa nel caso di attacco russo contro l’Ucraina.

In altre parole, il piano B di Washington sarebbe di rimpiazzare la Russia con il Qatar. Fa specie notare come siano gli americani a trattare per i destini degli europei. Come se l’Unione Europea non esistesse, come se dallo sbarco in Normandia non fosse accaduto alcunché di nuovo, come se il nostro continente non avesse alcuna capacità di pensare a sé stesso. E così è. Ma il Qatar difficilmente rimpiazzerebbe le forniture di gas russe in un battibaleno.

Invasione dell’Ucraina e il fattore inverno

Il fattore temporale in questa crisi sarà determinante. Il gas ci serve tutto l’anno, ma durante l’inverno di più. Se Vladimir Putin decidesse di invadere l’Ucraina entro pochi giorni, la reazione dell’Europa sarebbe con ogni probabilità molto energica solo a parole. Nei fatti, non potremmo permetterci di perdere la fonte di energia preziosa per riscaldare le nostre case e fare andare avanti gli impianti produttivi. Questo Mosca lo sa.

Non è un caso che abbia vinto tutte le guerre in inverno. In questo caso, non si tratterebbe di attendere il nemico sul proprio suolo per lasciarlo dissolvere tra le nevi della steppa russa. Basterebbe girare la manovella dei gasdotti per piegarlo.

Le conseguenze di un simile gesto sarebbero umanitarie ed economiche. L’esplosione del prezzo del gas negli ultimi mesi sta contribuendo a far lievitare i tassi d’inflazione in Europa. Oltretutto, molti impianti rischiano di fermarsi per l’impossibilità di continuare a produrre a costi così elevati. Rischiamo una stagflazione in versione anni Settanta. Allora, fu generata dalla crisi petrolifera nel 1973 e nel 1979, anche ai tempi scatenata da ragioni geopolitiche: come reazione al sostegno americano alla Guerra dei Sei Giorni arabo-israeliana; per punire il “Satana occidentale” dopo la cacciata dello Shah di Persia e l’ascesa al potere in Iran dell’ayatollah Khomeini.

Insomma, la storia si ripete e dovremmo solo sperare che almeno i tempi di superamento della crisi fossero stavolta molto più veloci. Quasi mezzo secolo fa, ci mettemmo circa un decennio per uscire dalla stagflazione. Nel frattempo, gli scontri sociali divamparono un po’ ovunque e alcune economie crearono le condizioni per una caduta rovinosa nel burrone nei decenni a seguire. Parliamo essenzialmente dell’Italia.

[email protected]