Proteste per le strade di Lubiana contro l’austerity

La Slovenia ha varato ieri il piano di austerità per evitare di dover chiedere un salvataggio all’Europa, che sarebbe il sesto, dopo quelli di Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Cipro. La crisi in Slovenia morde e il nuovo governo di centro-sinistra, guidato dal premier Alenka Bratusek, ha formalizzato la presentazione di alcune misure indispensabili per arginare il pericolo di un rovinoso default e che oggi dovrebbero essere vagliate dalla Commissione di Bruxelles.

Se otterranno il placet, forse il paese avrà evitato il disonore di un bail-out, altrimenti il salvataggio si avvicina inesorabile.

 

Default Slovenia: una cura da cavallo per cercare di evitarlo

Le misure prevedono un incremento delle aliquote IVA sin da luglio: la più alta passerebbe dal 20% al 22%, la più bassa dall’8,5% al 9%. Pochi i dettagli noti sulla futura tassa sugli immobili, che dovrebbe essere introdotta dal 2014. Si sa, invece, che per fare cassa saranno cedute 15 società pubbliche, tra cui la Telekom Slovenija e la banca Nova Kreditna Banca Maribor (NKBM), in grave difficoltà. Ma dovrebbero essere vendute anche la compagnia di bandiera Adria Airways e la Aerodrom Ljubljana, che gestisce l’aeroporto della capitale.

 

Nuove tasse in Slovenia per evitare il crack

Resta come asso nella manica del governo e probabile merce di scambio con i sindacati una sovrattassa tra lo 0,5% e il 5% su tutti i salari, sulla base della retribuzione lorda e che dovrebbe valere intorno ai 250 milioni di euro. In alternativa potrebbe scattare un nuovo taglio degli stipendi pubblici e il blocco delle pensioni, che il ministro delle Finanze, Uros Cufer, sta cercando di negoziare con le organizzazioni sindacali.

Tra tagli alle spese e nuove entrate (540 milioni), il governo prevede di racimolare una somma intorno al miliardo.

In particolare, il premier Bratusek, in carica da sole sei settimane, ha dichiarato che sarebbe sua intenzione puntare soprattutto sui tagli, in quanto è noto come gli aumenti delle tasse impattino negativamente sull’economia. Obiettivo del governo di Lubiana sarebbe di portare il deficit dal previsto 7,8% di quest’anno al 3,3% del pil l’anno prossimo.

1,3 miliardi servirebbero per sostenere la liquidità delle tre banche slovene in crisi. E la BCE ha chiesto che si proceda alla costituzione di una “bad bank”, in modo da pulire i bilanci degli istituti, gravati da un alto tasso di crediti in sofferenza, pari al 20,5% per quelli maggiori e che arrivano al 33% con riguardo ai prestiti erogati alle imprese.

 

Le ragioni alla base della crisi slovena

Le ragioni del tracollo finanziario vanno ricercate nelle peculiarità negative della Slovenia degli ultimi anni, che ha basato il suo sviluppo su una gestione eccessivamente espansiva del credito, concentrata nelle mani delle banche statali (3 delle prime 4 sono in mano al governo), con il risultato che si sarebbero instaurate pratiche clientelari e prestiti a buon mercato, che ora le società non riescono più a restituire, complice il collasso del settore immobiliare e il flop della loro campagna nei Balcani per la conquista di nuovi mercati.