Con l’arrivo dell’inverno, l’Europa teme seriamente di restare al freddo. I governi, specie nel Nord, hanno approntato piani di razionamento energetico nel caso in cui scattasse l’allarme. La Russia minaccia ormai esplicitamente di chiudere i rubinetti del gas. Nord Stream 1 è fuori uso dopo i sabotaggi delle scorse settimane, a causa di potenti esplosioni avvenute nel Mar Baltico. Il Cremlino usa gas e petrolio come armi per ricattare il Vecchio Continente e dissuaderlo dal continuare a sostenere l’Ucraina, nonché dal prorogare le sanzioni finanziarie contro l’economia russa.

Questa potrebbe anche non essere al collasso come aveva previsto l’Occidente all’inizio della guerra, ma certamente soffre e nel medio-lungo termine rischia un impoverimento strutturale per effetto del mancato accesso alle tecnologie di Nord America ed Europa.

La Russia, tuttavia, non può permettersi di chiudere i rubinetti del gas. Nel 2021, ne ha esportato per 241 miliardi di metri cubi, di cui 155 miliardi nella sola Europa. Siamo evidentemente il suo principale cliente e rimpiazzarci non sarebbe possibile. Infatti, le altre grandi economie confinanti o comunque vicine sono Cina e India. Insieme, fanno 2,8 miliardi di abitanti, il 40% della popolazione mondiale. Rispetto al mezzo miliardo dell’Europa, si direbbe che abbiano i numeri per sostituirci. Invece, proprio i numeri sconfessano tale ricostruzione. Vediamoli.

Per quest’anno, i consumi di gas attesi in Cina saranno tra 375 e 380 miliardi di metri cubi, meno dei 412 miliardi dell’Unione Europea nel 2021. E l’anno scorso, i cinesi hanno importato appena 16,5 miliardi di gas russo, circa il 10% delle importazioni complessive. Queste sono attese quest’anno a 185 miliardi di metri cubi. In pratica, Pechino dovrebbe legarsi mani e piedi a Mosca e comprare gas quasi esclusivamente da essa per rimpiazzare l’Europa. Ma la Cina ha ambizioni imperiali, non certo di diventare la scialuppa di salvataggio dell’alleato “minore”.

Il gasdotto sino-russo punta a una capacità di 38 miliardi di metri cubi nel lungo periodo. Cifre lontanissime da quelle di cui Mosca avrebbe bisogno per permettersi di perdere il cliente europeo.

Minaccia del gas credibile, ma mossa disperata

Dell’India non ne parliamo. Consuma appena 35 miliardi di metri cubi di gas all’anno e dalla Russia non importa sostanzialmente nulla. Dunque, se Gazprom volesse lasciarci al freddo, dovrebbe privarsi di entrate preziose. Quante? Tantissime. Nei soli primi sei mesi dopo l’inizio della guerra, tra petrolio e gas la Russia ha incassato 158 miliardi di euro, oltre il 10% del PIL. Di questi, il governo ne ha intascati 43 miliardi su un bilancio federale di 230 miliardi nel 2021. E il grosso delle vendite è avvenuto proprio in Europa.

La minaccia del gas può anche essere credibile, ma riflette più che altro la disperazione dei russi e non un loro punto di forza. Spalle al muro sul fronte bellico, stanno giocandosi il tutto per tutto per evitare una figuraccia internazionale. Non vogliono ritirare i carri armati senza poter spacciare un disastro per una vittoria alla popolazione. Proprio per questo, Vladimir Putin è diventato più pericoloso nelle ultime settimane. Sa di non avere molto da perdere, se non la faccia e possibilmente il potere stesso.

Senza venderci il gas, non avrebbe a chi rivolgerci in Asia. Anche perché questo va trasportato attraverso gasdotti o caricato su navi in forma liquida. Nel primo caso, servono le infrastrutture e quand’anche già vi fossero, la loro capacità risulterebbe limitata. Nel secondo, non si possono muovere grossi numeri. Lo sa sulla sua pelle proprio l’Europa, che sta rifornendosi di rigassificatori e stipulando contratti con stati africani e del Medio Oriente per supplire il più possibile alle forniture russe.

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