Il debito pubblico italiano non arresta la corsa e nel mese di dicembre dello scorso anno risulta essere cresciuto di altri 7,768 miliardi, salendo alla cifra di 2.262,809 miliardi di euro. E’ il secondo dato più alto di sempre dopo quello di ottobre, quando lo stock era arrivato a superare i 2.867 miliardi. L’aumento su base mensile è stato provocato per 10,346 miliardi dall’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro a quota 49,9 miliardi, mentre lo stato ha registrato un attivo nei conti di 2,244 miliardi.

Per altri 334 milioni c’è stato un effetto complessivamente negativo tra scarti di emissione, rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e variazione dei tassi di cambio.

Dati sulla crescita del debito pubblico nel 2023

Nell’intero 2023 il debito pubblico italiano è cresciuto di altri 105,3 miliardi. Per 89,2 miliardi è stato il risultato del fabbisogno dello stato. Hanno concorso anche l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro per 6,5 miliardi e il complesso tra scarti di emissione, rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e la variazione dei tassi di cambio per altri 9,6 miliardi. Al netto delle variazioni della liquidità disponibile, lo stock risulterebbe cresciuto di 98,783 miliardi, in accelerazione dagli 81,66 miliardi dell’anno precedente. E questo non è un bel dato.

Spread in calo abbassa la spesa per interessi

L’Italia continua ad indebitarsi a ritmi elevatissimi. In media, quasi 9 miliardi al mese. Tra l’altro, rapportando il debito pubblico di dicembre al valore nominale del PIL, otteniamo un 140,8%, che è superiore all’obiettivo del 140,2% indicato dal governo nella Nota di Aggiornamento al DEF del settembre scorso, pur in calo dal 141,7% del 2022. Per fortuna lo spread è sceso ai minimi da due anni, aggirandosi attorno ai 150 punti base. E anche se i rendimenti dei BTp sono risaliti dai minimi toccati a fine dicembre, restano ben sotto i massimi dell’ottobre scorso. La spesa per interessi in prospettiva sarà alleggerita rispetto alle previsioni più cupe dei mesi passati.

Famiglie e investitori stranieri fondamentali per i BTp

Altro dato positivo: le famiglie italiane hanno acquistato 120,905 miliardi di titoli di stato nei primi undici mesi dell’anno. Attenzione, però, perché a novembre hanno venduto per la prima volta dopo anni per un controvalore di 2,076 miliardi. Restano in possesso di oltre 320 miliardi di bond del Tesoro, il 13,46% dei totali in circolazione. Ad ottobre, la percentuale era appena leggermente superiore, al 13,49%. A fine 2021, prima del boom dei rendimenti e della conseguente corsa all’acquisto dei BTp, le famiglie ne possedevano appena il 6,39%.

Ad essere tornati sui BTp sono stati anche gli investitori stranieri l’anno scorso. A novembre, hanno effettuato acquisti netti per 6,159 miliardi e nei primi undici mesi per 37,399 miliardi. Mettendo assieme quest’ultimo dato con quello relativo alle famiglie, otteniamo che la somma dei loro acquisti è stata pari al 150% dell’aumento del debito pubblico nell’intero 2023 e di oltre il 160% al 30 novembre scorso. Ecco spiegato il calo dello spread, pur a fronte di uno stock che non accenna a frenare la crescita.

Attesa per il collocamento del terzo BTp Valore

Come interpretare il ripiegamento degli acquisti di bond da parte delle famiglie a novembre? La domanda è più che legittima, alla luce dell’emissione a fine mese del terzo BTp Valore. Parlare di inversione di tendenza appare prematuro, anche perché il calo arriva dopo un mese di ottobre straordinariamente positivo: +22,47 miliardi, di cui 17,2 miliardi per il secondo collocamento del BTp Valore. E, soprattutto, più che segnali di stanchezza, sembra proprio che le famiglie abbiano voluto monetizzare parte dei guadagni virtualmente maturati con il rialzo delle quotazioni inatteso sia nei tempi che per entità.

Titoli del debito col botto a fine 2023

Ricordiamo, ad esempio, che il decennale italiano è passato dall’offrire un massimo del 5% in ottobre a un minimo del 3,50%.

I prezzi dei bond più longevi, come il BTp 2072, hanno sfiorato guadagni del 30%. Naturale che a molte famiglie sia venuta voglia di disinvestire per cristallizzare i guadagni. D’altra parte, possibile che anche a dicembre il calo sia proseguito, visto che i rendimenti sono scesi praticamente fino alla fine di quel mese. Ma da quest’anno sono tornati a salire, pur parzialmente. E ciò dovrebbe avere già risvegliato l’appetito dei risparmiatori. Ad oggi, le aste sono andate molto bene, anche se il successo vada collegato all’alta partecipazione degli investitori stranieri.

[email protected]