La fotografia di Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Mario Draghi sul vagone del treno diretto a Kiev si è già sbiadita. E non solo perché uno dei tre leader – l’italiano – non è più a capo del governo. I rapporti tra Germania e Francia, anzi il resto d’Europa, non sono per niente brillanti in questa fase. Il governo di Parigi ha lasciato trapelare tutto il proprio fastidio verso Berlino, accusata non solo di rallentare ogni decisione per contrastare il caro bollette, ma di strizzare anche l’occhio alla Cina, principale avversario geopolitico insieme alla Russia.

Mercoledì, Macron e Scholz si sono incontrati a Parigi. Ufficialmente, l’asse franco-tedesco resta solido, ma lo stesso fatto che la domenica prima il presidente francese abbia incontrato la neo-premier italiana Giorgia Meloni, insediatasi a Palazzo Chigi qualche ora prima, la dice lunga sulla necessità che l’Eliseo avverte di contrastare la Germania.

Germania solitaria su crisi del gas e geopolitica

La coalizione “semaforo” al governo federale ha varato un piano di 200 miliardi di euro per sostenere famiglie e imprese tedesche contro il caro bollette. Una decisione, che ha mandato su tutte le furie la Francia, la quale non dispone degli stessi margini di manovra fiscale, similmente a quasi il resto d’Europa. Così facendo, Scholz proteggerà la propria industria, di fatto distruggendo la concorrenza europea gravata dal boom dei costi dell’energia. E sul piano continentale, proprio il suo governo sta impedendo che si trovi una soluzione in tempo per scongiurare una crisi del gas in pieno inverno.

Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la vendita di un terminal al porto di Amburgo alla compagnia navale statale cinese COSCO (China Ocean Shipping Company). Rispetto al 35% inizialmente concordato, il governo tedesco cederà il 25%. Un modo per placare i timori nella stessa Germania di quanti ritengono che l’operazione consegni un asset infrastrutturale strategico a una potenza straniera, per giunta avversaria sul piano geopolitico.

Il cancelliere Scholz ha cercato di rassicurare tutti, notando come si tratterebbe di vendere “un terminal, non l’intero porto” e per una quota non di maggioranza.

Sarà, ma il segnale resta devastante. La Germania rompe ancora una volta l’unità dell’Occidente contro l’Asia per ragioni di bottega spicciole. Nel 2011, stando all’Ufficio statistico federale Destatis, l’interscambio commerciale con la Cina è stato di 246,1 miliardi di euro, il 9,5% del totale. Soprattutto, le imprese tedesche stanno riuscendo ad esportare in Cina sostanzialmente quanto il sistema tedesco importi dalla stessa.

Possibile intesa italo-francese

Pechino sta diventando sempre più una scommessa per Berlino. Poco importa se la Cina del rieletto presidente Xi Jinping sia il principale alleato della Russia di Vladimir Putin. Gli affari sono affari per i tedeschi, in barba ai sacrifici che tutti i consumatori europei stanno compiendo per reagire con le sanzioni all’occupazione dell’Ucraina da parte delle truppe russe. Del resto, la posizione tedesca nel conflitto è stata sempre tiepida. Le importazioni di gas russo a basso costo sono state un ingrediente cruciale per il successo della locomotiva d’Europa.

Macron teme che questo comportamento da “cherry picker” della Germania finisca per avvantaggiarla proprio mentre il resto del continente cerca di mantenere un’unità d’intenti politicamente ed economicamente assai costosa. Questo è il motivo per cui il presidente francese potrebbe puntare inaspettatamente proprio sul governo Meloni per contrapporre agli egoismi tedeschi un’alleanza alternativa in seno alle istituzioni comunitarie. L’asse franco-tedesco non si sgretolerà, perché su di esso ruota l’intera costruzione europea. Ma si è indebolito per la via solitaria e “sovranista” percorsa dal cancelliere Scholz sui principali dossier allo studio in questi mesi.

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