Lunedì pomeriggio, l’agenzia finanziaria americana Bloomberg batteva una notizia clamorosa: la Germania apre alle emissioni di debito comune sul modello Sure per combattere la crisi del gas. In serata, una fonte vicina al governo tedesco dichiara che “ai piani alti” di Berlino non se ne sa nulla. Prima di addentrarci nel dibattito in seno alla maggioranza al Bundestag, chiariamo di cosa stiamo parlando. Nel 2020, a seguito della pandemia l’Unione Europea emise obbligazioni fino a 100 miliardi di euro da destinare agli stati più colpiti sul piano dell’occupazione.

Adesso, con i prezzi di gas e luce alle stelle, molte attività stanno chiudendo e moltissime altre rischiano di chiudere per sempre. Il caro bollette permette sempre meno spesso agli impianti di restare in funzione a prezzi competitivi e sostenibili dai consumatori.

Debito comune contro il caro bollette

L’Italia è in prima fila per chiedere una soluzione unitaria al problema. La premier in pectore Giorgia Meloni vorrebbe che l’Unione Europea erogasse indennizzi ai paesi particolarmente colpiti dalla crisi del gas. In sostanza, un modello Sure bis. Il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, resiste, intravedendo nel debito comune una sorta di crescente condivisione dei rischi e oneri fiscali con i paesi meno virtuosi come Italia, Francia e Spagna.

Eppure la crisi del gas mette il governo Scholz dinnanzi a tre scenari possibili: emettere debito comune per contrastare il caro bollette in tutto il continente; varo di un piano anti-spread efficace della BCE per calmierare i costi d’indebitamento nell’intera Eurozona; far precipitare la crisi del gas al punto da condurre alla disgregazione dell’Unione Europea.

Piano tedesco da 200 miliardi

Le cose stanno così: la Germania si è potuta permettere un piano di 200 miliardi di euro per aiutare famiglie e imprese tedesche da qui fino al marzo 2024. Le loro bollette saranno sgravate rispettivamente fino all’80% e al 70% dei consumi.

Un tetto al prezzo del gas coperto finanziariamente dallo stato. Risorse ingenti, a cui Berlino può attingere grazie ai risparmi degli anni passati e alla conseguente fortissima credibilità goduta sui mercati.

Il resto dell’Eurozona versa perlopiù in condizioni assai peggiori. Quasi nessun alleato può indebitarsi a cuor leggero per offrire un qualche aiuto contro il caro bollette ai propri cittadini e alle proprie imprese. Una soluzione immediata sarebbe di far emettere debito comune alla Commissione europea a tassi d’interesse bassi, sgravando i bilanci nazionali. La Germania ha tutto il diritto di opporsi a una simile soluzione. I tedeschi pensano tra sé di avere fatto sempre le formiche e quando c’è crisi le “cicale” si rivolgono a loro per uscire dai guai.

Piano anti-spread contro crisi del gas

Omettiamo per il momento il discorso su quanta romanzata sia questa storia nel Nord Europa. Il punto è un altro: o accetti di addivenire a una soluzione unitaria che consenta a tutta l’Europa di affrontare la crisi del gas o accetti il rischio che l’Unione Europea sparisca per sempre dalla scena. Questo accadrebbe se mezzo continente fosse lasciato morire al freddo e in bolletta. Non ci sarebbero più ragioni di stare insieme. La retorica europeista farebbe i conti con la realtà.

Ma la Germania avrebbe un’alternativa molto meno costosa, almeno nell’immediato: accettare che la BCE finalmente vari un piano anti-spread efficace e credibile. Contrariamente al TPI annunciato a luglio, dovrebbe essere automatico, illimitato e incondizionato. Solo se paesi come l’Italia non avessero più problemi a rifinanziarsi sui mercati a costi sostanzialmente divenuti simili a quelli della Germania, farebbero meno delle emissioni di debito comune. Il governo di Roma emetterebbe decine o qualche centinaio di miliardi di euro per contrastare il caro bollette senza chiedere niente a nessuno.

I costi ricadrebbero sui propri cittadini.

Debito comune strada obbligata per i “nein” tedeschi

Invece, i tedeschi osteggiano apertamente questa soluzione. Vi scorgono rischi di commistione tra politica monetaria e politica fiscale. Hanno ragione, in teoria. La BCE finirebbe per sostenere i debiti nazionali, un fatto vietato dal suo statuto. Ma fa sorridere che queste preoccupazioni esistano dopo anni in cui la stessa stampa euro per tenere a galla proprio i bilanci nazionali e non sta riuscendo a contrastare efficacemente e tempestivamente l’inflazione al 10%, non potendo alzare drasticamente i tassi d’interesse per evitare di mandare a gambe per aria economie come l’Italia.

La Germania dovrebbe passare dalla teoria alla realtà e accettare il male per sé minore. Continuando ad opporre “nein” a ogni soluzione possibile, sta generando l’esito più costoso possibile per i suoi stessi contribuenti. Le emissioni di debito comune si renderanno indispensabili per schivare la fine dell’Unione Europea. Nel frattempo, la BCE avrà tollerato un’inflazione a doppia cifra, che in Germania è esplosa al 10,9% a settembre. Sono i tedeschi a pagare per i loro “nein”. Solo che hanno i prosciutti – anzi i Bratwurst – negli occhi per capirlo.

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