Sarà la Francia il componente decisivo del board che farà propendere la Banca Centrale Europea (BCE) per il taglio dei tassi di interesse o meno entro pochi mesi. Lo sosteniamo da sempre e i fatti a breve dovrebbero darci ragione. Ieri, il governatore francese François Villeroy de Galhau ha segnalato in pubblico “il calo più veloce delle attese dell’inflazione” e ha dato per concluso l’aumento dei tassi delle banche centrali, semmai ritenendo necessario che Francoforte prenda in considerazione l’allentamento delle condizioni monetarie prima del previsto.

Francia per taglio dei tassi BCE

Già nella mattinata di ieri i rendimenti dei titoli di stato nell’Eurozona proseguivano i cali delle settimane passate, dando  sostanzialmente per assodato un taglio dei tassi BCE da qui a pochi mesi. Monitorando l’andamento dei futures sull’Euribor a 3 mesi, emerge che la svolta monetaria avverrebbe nel mese di marzo. Ed entro la fine dell’anno prossimo, i tassi ora sono attesi in calo di ben 135 punti base o 1,35% a meno del 2,70% dal 4% attuale.

Perché la Francia sarà determinante? La sua banca centrale è politicamente molto influente. Ad oggi, si è mossa con equilibrio, assecondando le richieste della Bundesbank, che ancora fino all’altro ieri insisteva tramite il suo governatore Joachim Nagel circa la non necessaria conclusione della stretta. Ma Villeroy ha notato come l’inflazione nell’Eurozona sia scesa al 2,4% a novembre, quasi centrando il target del 2%.

Quali segnali dal board di dicembre

Non solo la Banca di Francia rappresenta la seconda economia dell’area dopo la Germania, ma esprime in questi anni il numero uno della BCE. Christine Lagarde è francese e già ministro delle Finanze. Naturale che risenta delle indicazioni di Parigi sulla necessità di un taglio dei tassi quanto prima. Tra l’altro, l’inflazione francese resta ben più elevata della media dell’area, al 3,4% a novembre, mentre il PIL nel terzo trimestre è arretrato dello 0,1%.

L’economia transalpina rischia la recessione e il presidente Emmanuel Macron, già in sofferenza nei sondaggi, vorrebbe evitarlo a ridosso delle elezioni europee.

Anche l’attuale governatore portoghese Mario Centeno, già presidente dell’Eurogruppo, ha avvertito che il mercato del lavoro nell’area potrà “presto andare in malora”. Si moltiplicano i segnali circa un consenso crescente nel board per arrivare al taglio dei tassi sin dai primi mesi dell’anno prossimo. L’Italia con Fabio Panetta non è una novità che lo chieda. Il governatore ha invitato la BCE “alla prudenza” nei giorni scorsi.

La prossima settimana, l’ultimo board dell’anno non dovrebbe esitare alcuna decisione di politica monetaria. Tuttavia, Lagarde comunicherà le nuove proiezioni macroeconomiche per l’Eurozona. In quella sede si otterranno indirettamente informazioni preziose circa le possibili mosse della BCE nei mesi successivi. Un calo dell’inflazione attesa e/o un ulteriore rallentamento del PIL avrebbero l’effetto di consolidare le aspettative del mercato circa un taglio dei tassi quasi imminente. Ad oggi, l’istituto si aspetta di centrare il target d’inflazione verso la fine del 2025.

Falchi puntano su inflazione core

Le armi dei “falchi” non saranno del tutto spuntate. Essi faranno presente ai colleghi che l’inflazione “core” resta molto più alta del 2%, al 3,6%. Ciò significa che, al netto di energia e generi alimentari, i prezzi al consumo continuano a crescere a ritmi sostenuti. Dopodiché, l’effetto base, che ha consentito il crollo dei tassi annuali d’inflazione, verrà meno agli inizi del 2024. Quando il confronto avverrà con indici dei prezzi più stabili, è possibile che l’inflazione tendenziale risulterà in risalita. Infine, le tensioni geopolitiche non lasciano del tutto sereni, sebbene il petrolio a meno di 80 dollari dopo la riunione dell’OPEC Plus faccia ben sperare.

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