E’ passato un mese da quando è esploso il “pandoro-gate” che ha travolto l’immagine e il business di Chiara Ferragni. Un mese, durante il quale ci siamo interrogati anche troppo sul ruolo di like e follower nell’era dei social h24 per mandare avanti un business. Un mese di riflessione dopo l’ubriacatura, che sembrava infinita, attorno al mondo degli influencer. E ieri è arrivato un altro caso, stavolta con risvolti ben più drammatici, a confermare quanto il marketing impostato sui buoni sentimenti, veri o presunti, possa nuocere gravemente non solo agli affari, bensì persino alle vite di chi ne viene coinvolto.

Recensione allucinante e replica perfetta

La signora Giovanna Pedretti era da qualche giorno alla ribalta delle cronache nazionali. Titolare insieme al marito Nello del ristorante “Le Vignole” a Sant’Angelo Lodigiano, in Lombardia, era stata lodata dalla stampa a tutti i livelli per avere risposto per le rime alla recensione negativa di un cliente su TripAdvisor. Questi aveva scritto che nel locale si mangia bene, ma che gli aveva assegnato una sola stella su cinque a causa di un fattaccio: era stato costretto a consumare (pensate!) vicino a un tavolo in cui sedevano un avventore disabile e altri gay, questi ultimi “pur composti”.

Il locale aveva replicato al recensore che non sarebbe stato più il benvenuto, aggiungendo che quel tavolo di cui lamentava la presenza aveva potuto permettersi una serata nel suo locale grazie all’iniziativa della pizza sospesa, nata nel 2020 per dare una mano alle persone più deboli in piena pandemia. Circa 200 i buoni già staccati. I clienti possono pagare la pizza consumata il doppio e la differenza va a finanziare le associazioni che si occupano di assistenza a chi ha bisogno.

Veridicità della storia vacillante

Una storia molto brutta, dalla quale era venuta a galla un’iniziativa molto bella.

Un recensore a dir poco cretino e disgustoso contro titolari sensibili e intelligenti. Ma qualcuno ne ha messo in dubbio la veridicità. Quel qualcuno è stato, anzitutto, tale Lorenzo Biagiarielli, chef famoso e compagno di Selvaggia Lucarelli, la quale ha rilanciato le accuse. In effetti, alcune cose non quadravano nella vicenda. Il font della recensione era assai diverso da quello utilizzato da Google; la stessa titolare, intervista da Rai Tre, non aveva saputo fornire una spiegazione convincente dell’accaduto fino a paventare di essere rimasta vittima di un “tranello”.

Epilogo drammatico

Il peggio sarebbe accaduto nella giornata di ieri, quando le serrande del ristorante si abbassano stranamente alle ore 14. La titolare esce e non fa più ritorno a casa. Sarà ritrovata ore dopo annegata nel vicino Lambro. Suicidio? E’ l’ipotesi più accreditata, anche se le indagini sono in corso. La ricostruzione non è completa, ma sembrerebbe che il gesto estremo sia collegato proprio alle critiche che la donna e il marito avevano ricevuto dopo le lodi iniziali – erano stati ringraziati niente di meno che persino dal ministro delle Disabilità, Alessandra Locatelli.

Marketing della bontà

Una storia tremenda che fa emergere ancora una volta i danni che può provocare quello che Lucarelli ha definito “il marketing dei buoni sentimenti”. La riflessione deve essere più ampia di follower e like, perché la “dittatura” che si è ormai imposta è quella del politicamente corretto venduto ogni due e tre e spacciato per sensibilità. La povera signora Giovanna non aveva evidentemente le spalle larghe per reggere alla severità di un circo mediatico, che crea eroi con la stessa rapidità con cui li fa decadere allo status di paria. Perché il web distrugge alla velocità della luce i poveri cristi senza santi in paradiso, mentre si prende un po’ di tempo per bersi le storie stucchevoli di coloro che stanno in alto.

Follower e like nuova dittatura morbida

I social sono un mezzo potente, un canale certamente sfruttabile per diffondere iniziative positive e sponsorizzare il proprio business. Nessuno può metterlo in dubbio. Sarebbe come negare la modernità. Il tranello in cui molte attività spesso cadono, minuscole o grandissime che siano, è quello di assegnare priorità assoluta all’immagine e dedicare poche attenzioni alla sostanza. Rincorrere i follower, le recensioni, i like, impazzire per un commento negativo sul web sviano sempre più spesso dal vero obiettivo.

E pensare che basti associare la propria immagine a migranti, gay e disabili per rilanciare il business è non soltanto offensivo per le categorie citate, ma anche profondamente ingenuo. Perché quando i riflettori di quel circo mediatico si spengono, ci si accorgerà molto in fretta di essere rimasti a propria volta vittime di un sistema che propina i buoni sentimenti per fare affari, vendere copie o più semplicemente raccattare consenso. Della realtà nessuno se ne importa. E’ solo l’immagine che conta nella dittatura dei follower con annessi like.

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