Presentando la sua fatica letteraria dal titolo “Sinceramente” alla Fiera del Libro de L’Avana, Cuba, l’ex presidenta Cristina Fernandez de Kirchner, già vedova dell’ex presidente Nestor Kirchner (2003-2007) e attuale numero due del governo di Buenos Aires, ha usato parole sprezzanti contro Mauricio Macri, suo successore fino alla sconfitta dell’ottobre scorso che gli ha negato un secondo mandato. Sostenendo di essere stata vittima di un uso politico della giustizia, ha dichiarato che ciò sarebbe nella natura “mafiosa” di chi ha “quelle origini”, riferendosi esplicitamente a quelle calabresi degli avi di Macri.

Insomma, noi italiani saremmo mafiosi nel dna. Contro queste esternazioni si sono registrate prese di posizione di condanna del governo italiano e anche del governatore siciliano. Una brutta pagina di cronaca para-politica, non l’unica ai danni degli argentini di origine italiana, praticamente un terzo dell’intera popolazione.

L’Argentina torna ai vecchi mali del peronismo per combattere la crisi dell’economia

Anni fa, sempre la Fernandez ebbe a dichiarare che molte colpe dei problemi del paese fossero addebitabili ai “morti di fame” ricevuti generosamente dall’Argentina, ancora una volta riferendosi agli italiani. E che dire della rimozione della statua dedicata a Cristoforo Colombo, sita davanti all’aeroporto di Buenos Aires? Sarà anche per il suo rapporto molto ostile con Papa Franceso, ai tempi Cardinale Jorge Mario Bergoglio, anch’egli di origini italiane; fatto sta che gli attacchi della Fernandez contro i nostri connazionali e la nostra stessa cultura stiano moltiplicandosi nel tempo e svelino il grande problema che da molti anni l’Argentina ha: il clan guidato dall’ex presidenta.

L’attuale presidente porta il suo stesso cognome, ma non è suo parente. Alberto Fernandez ha vinto già al primo turno delle elezioni presidenziali nell’autunno scorso, mostrandosi un peronista dai toni moderati. Molti lo hanno descritto come un coniglio estratto dal cilindro proprio di Cristina, che dopo le numerose vicende giudiziarie per corruzione e quant’altro che l’hanno coinvolta, ha voluto evitare di presentarsi con la propria faccia in prima fila, rischiando altrimenti di far perdere la propria coalizione.

Ma in questi mesi, la donna sta agendo dietro le quinte da presidente-ombra, un fatto che dovrebbe allarmare per primi i creditori internazionali.

L’attacco della Fernandez ai mercati

Oltre ad attaccare gli italiani, la Fernandez ha dichiarato da Cuba che “non sarà pagato nemmeno mezzo centesimo al Fondo Monetario Internazionale fintanto che l’Argentina è in crisi”, aggiungendo che i 44 miliardi di dollari prestati a Buenos Aires dall’organismo di Washington dovranno subire un “netto taglio”. Proprio ieri sono iniziati i colloqui tra l’FMI e il governo, con il ministro delle Finanze, Martin Guzman, a rassicurare di puntare solo a un allungamento delle scadenze, non anche a un “haircut” ai danni dell’istituto o dei creditori esteri.

Ma la Fernandez rischia di fare precipitare il negoziato prima ancora che entri nel vivo con le sue note colorite. L’FMI non può subire alcun taglio dei prestiti elargiti, in quanto questi sono frutto dei versamenti degli stati membri. E il problema sta tutto qui: se la vice-presidente ritiene che si debbano defalcare i prestiti dell’FMI, che ne sarà dei bond in mano a fondi e banche internazionali? Torneremo agli anni della sua presidenza, quando la dura battaglia legale a New York contro i fondi “buitres” (“avvoltoi”) fece piombare l’Argentina in un default tecnico dal 2014, a distanza di una dozzina di anni dal precedente, cessato solo grazie ai primi passi mossi da Macri come presidente?

Sbaglia chi pensa che la Fernandez semplicemente giochi con le parole a fini tattici. Il suo pensiero si è sempre tradotto in azioni altrettanto estremiste e ha portato l’Argentina a un isolamento dalla comunità internazionale, dal quale risulta difficile uscire anche sotto governi di colore politico differente.

Ella propugna mercati chiusi, un asse latino-americano anti-USA e impostato su posizioni nazional-socialisteggianti. Il suo ex ministro delle Finanze, Axel Kicillof, ha debuttato da governatore della provincia di Buenos Aires minacciando il default, pur evitando di compiere l’estremo passo, forse su pressione del presidente. Il clan di Cristina rischia di scucire quello che la parte più moderata del governo intende tessere in questi mesi per evitare il crac, perseguendo un clima di concordia con gli obbligazionisti. La Fernandez è il problema numero uno dell’Argentina nell’ultimo quindicennio.

L’Argentina rinvia il pagamento di un bond in pesos e allarma i creditori esteri

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