Investire in borsa non è da tutti. Comporta una certa propensione al rischio, che il più delle volte è tipica di chi non ha l’assillo delle incombenze economiche quotidiane. Se hai qualche difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena, risulta difficile immaginare che rischi il tuo denaro per acquistare azioni o scommettere persino sul mercato a reddito fisso (bond). Ma ciò che vale in un dato luogo e in un dato tempo, può non valere altrove e in un’altra fase.

Ad esempio, se in questi anni fossimo stati residenti in quel Venezuela straziato dall’iperinflazione, avremmo trovato perfettamente razionale investire in borsa. Perché? Sarebbe stato forse il modo più legale, data le contingenze, per cercare di mettere in salvo i propri risparmi. Negli ultimi dieci anni, la Borsa di Caracas è cresciuta alla media annua del 165%.

Lira turca giù, azioni su

Senza immaginare scenari così estremi, abbiamo vicino casa un altro esempio di come investire in borsa possa attutire i danni. La lira turca negli ultimi dieci anni ha perso oltre il 90% del suo valore contro il dollaro. Il collasso sta intensificandosi nelle ultime settimane per la necessità della banca centrale di svalutare il cambio per risollevare le sorti delle riserve valutarie. Solamente nell’ultimo mese, segna un altro pesante -23%. Tuttavia, la Borsa di Istanbul è salita del 30%. Non c’è alcun boom economico in corso ad Ankara. Più modestamente, chi può, cerca di proteggere il potere di acquisto dei propri soldi.

Allargando lo sguardo agli ultimi cinque anni, scopriamo che il BIST, principale indice azionario turco, è cresciuto di quasi il 500%. Nello stesso periodo, l’inflazione cumulata in Turchia è stata di circa il 275%. Significa che chi volle investire in borsa nella primavera del 2018, quando era partito un attacco finanziario ai danni proprio della lira, avrebbe messo in salvo il proprio capitale.

Non accade ovunque così. Ad esempio, l’indice azionario libanese si è dimezzato dall’autunno del 2019, quando una potentissima crisi finanziaria divampò e da allora ha fatto esplodere i prezzi al consumo del 3.100%. E’ accaduto, infatti, che nel frattempo il PIL sia crollato letteralmente. Tanto che per la Banca Mondiale si tratterebbe di “una delle peggiori crisi della storia moderna”.

Investire in borsa tra restrizioni ai capitali

Investire in borsa, quindi, in certi contesti può non aver nulla a che vedere con la propensione al rischio. Il ragionamento sottostante è semplice: se c’è instabilità dei prezzi, ad approfittarsene saranno le imprese che vendono beni e servizi, cioè che i prezzi li fissano sul mercato. Dunque, i loro ricavi aumenteranno in linea con l’inflazione, se non di più. Comprare le loro azioni può diventare un modo indiretto per proteggere il potere di acquisto. Una volta che questo pensiero attecchisce, si alimenta una bolla finanziaria vera e propria. Tutti comprano per il solo scopo di poter in futuro rivendere a prezzi più alti e – questo l’auspicio – almeno invariati o persino in crescita in termini reali. I fondamentali non contano più.

Viste così le cose, investire in borsa può diventare il metodo più rispettoso delle leggi vigenti per salvare i risparmi da inflazione e svalutazione del cambio. Quando l’economia è in preda ad una crisi finanziaria, i governi sono veloci nell’introdurre limitazioni ai movimenti dei capitali per cercare di limitare i danni. Ad esempio, impediscono o disincentivano in vario modo la loro esportazione all’estero, per cui non risulta possibile acquistare valuta straniera forte o asset in essa denominata, perlomeno non per vie legali. Persino la detenzione dell’oro può diventare proibita. Accadde negli Stati Uniti sin dal 1933 con l’Ordine Esecutivo 6102. Agli americani fu impedito di acquistare il metallo fino al 1974.

Va da sé che le scappatoie si trovano sempre, specie per chi ha tanti zeri in banca da mettere in salvo.

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