I cambiamenti climatici sono fonte di grande preoccupazione nel mondo. Ricorderemo il 2022 come l’anno più secco in Italia da quando sono iniziate le rilevazioni. Scarse piogge e distribuite sempre più irregolarmente durante i dodici mesi mettono a dura prova la sopravvivenza delle attività agricole, dell’economia in generale e persino dell’uomo. Gli scienziati considerano almeno parte di tale fenomeno legato all’inquinamento ambientale. Per questo l’Accordo di Parigi nel 2015 ha cercato di trovare una soluzione per limitare le emissioni di CO2.

Gli Stati Uniti, principale economia mondiale, hanno inizialmente firmato, dopodiché si sono ritirati e adesso stanno rientrando.

Ma chi è maggiormente responsabile dell’inquinamento del pianeta? Oggetto della contesa tra i governi sono i dati, perché si prestano a diverse interpretazioni, a seconda dell’angolazione da cui li guardiamo. Partiamo dai valori assoluti. Nel 2021, le emissioni di CO2 nel mondo sono state pari a 37,12 miliardi di tonnellate metriche. Ecco la loro ripartizione tra le tre principali economie mondiali:

  • Cina: 11,472 miliardi (30,9%)
  • Unione Europea: 2,79 miliardi (7,5%)
  • Stati Uniti: 6,34 miliardi (17,1%)

Dunque, la Cina incide per quasi un terzo delle emissioni di CO2 di tutto il pianeta. Non ci sarebbero dubbi circa il fatto che sia la principale responsabile dell’inquinamento globale. Tuttavia, parliamo anche del paese più popoloso al mondo. Vediamo qual era nel 2021 la distribuzione della popolazione mondiale espressa in numero di abitanti:

  • Cina: 1,412 miliardi (17,85%)
  • Unione Europea: 447 milioni (5,65%)
  • Stati Uniti: 331,9 milioni (4,2%)

Emissioni CO2 e popolazione

Su un totale di 7,9 miliardi di abitanti, la Cina guidava la classifica con oltre 1,4 miliardi, incidendo per quasi il 18%. L’Unione Europea non arrivava al 6% e gli Stati Uniti superavano di poco il 4%. Dunque, in media ogni abitante del pianeta aveva emesso circa 4,7 tonnellate di CO2. Ecco l’andamento nelle suddette principali economie:

  • Cina: 8,12 tonnellate per abitante
  • Unione Europea: 6,24 tonnellate per abitante
  • Stati Uniti: 19,10 tonnellate per abitante

Guardando al rapporto con la media mondiale, ecco i risultati:

  • Cina: 1,73
  • Unione Europea: 1,33
  • Stati Uniti: 4,07

Inquinamento e PIL

Ne consegue che tutte e tre le economie emettono CO2 al di sopra della media mondiale, ma mentre l’Unione Europea per appena 1,33 tonnellate per abitante in più, in Cina si sale a 1,73 e negli Stati Uniti, addirittura, per oltre il quadruplo.

Qui, emerge l’elevato inquinamento pro-capite provocato dagli americani. Ma è anche vero che esso dipende dalla creazione di ricchezza tramite i processi produttivi. Ecco perché abbiamo dato un’occhiata anche al PIL in dollari generato dalle tre economie:

  • Cina: 17.730 miliardi USD (18,4%)
  • Unione Europea: 17.189 miliardi USD (17,80%)
  • Stati Uniti: 23.320 miliardi USD (24,2%).

Da questi dati emerge che gli Stati Uniti producevano nel 2021 quasi un quarto del PIL mondiale. Cina e Unione Europea erano intorno al 18%. Rapportando le emissioni di CO2 in percentuale sul totale a questi dati, troviamo quanto segue:

  • Cina: 1,68
  • Unione Europea: 0,42
  • Stati Uniti: 0,71

Dunque, in proporzione al proprio peso economico, la Cina provoca livelli di inquinamento per quasi 1,7 volte maggiori, nell’Unione Europea per meno della metà e negli Stati Uniti per circa il 30% inferiori. Le emissioni di CO2 dell’economia asiatica tornano a risultare troppo elevate.

Variazioni dall’anno 2000

Guardiamo, infine, alla situazione nell’anno 2000. Ecco il livello delle emissioni di CO2 di allora in tonnellate metriche:

  • Cina: 3,346 miliardi (14,3%)
  • Unione Europea: 3,363 miliardi (14,3%)
  • Stati Uniti: 5,776 miliardi (24,6%)

In poco più di venti anni, sono diminuite del 20,5% nell’Unione Europea, salite del 9,8% negli Stati Uniti ed esplose di circa il 243% in Cina. A livello mondiale, la crescita è stata di oltre il 58%. Nel complesso, queste tre economie pesavano per il 53,2% dell’inquinamento mondiale nel 2000, mentre nel 2021 la loro quota saliva al 55%, ma solo per il boom della Cina, dato che Unione Europea e Stati Uniti nel frattempo sono scesi nel complesso dal 38,9% al 24,6%.

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