Sono passati due mesi dall’insediamento di Javier Milei alla presidenza dell’Argentina. E già sono accadute tante cose. Il nuovo capo dello stato ha svalutato il cambio del 54% in un solo giorno al suo ingresso a Casa Rosada, ha varato un decreto per la liberalizzazione dell’economia, ha “congelato” la spesa pubblica, avviato un piano di privatizzazioni, ottenuto un primo esborso di 4,7 miliardi di dollari dal Fondo Monetario Internazionale, allentato alcuni controlli sui capitali e il Congresso non gli ha approvato l’aumento delle imposte per tendere a un avanzo di bilancio del 2% rispetto al PIL.

Ma in settimana sono usciti i dati sull’inflazione in Argentina nel mese di gennaio, il primo intero sotto Milei: 254,2% su base annua, in accelerazione dal 211,4% di dicembre e ai massimi da trenta anni.

Argentina in piena “fase dura”

Numeri perlopiù attesi, anche perché risentono sia della svalutazione del cambio, sia della liberalizzazione dei prezzi. Il governo ha tagliato diversi sussidi alle famiglie e imprese, tra cui le bollette di luce e gas tenute sottocosto. Naturale che i prezzi esplodano, ma queste misure si rendono necessarie per alleviare il deficit statale da una parte e per far tornare a funzionare il mercato. D’altra parte, al suo discorso inaugurale Milei era stato chiaro: “i prossimi mesi saranno peggiori”.

Inflazione argentina rallenta a gennaio

La durata di questa fase di peggioramento, tuttavia, non può protrarsi a lungo, altrimenti il presidente rischia di perdere consenso non solo tra i cittadini, ma persino tra gli alleati del centro-destra senza il cui sostegno non riuscirebbe a far approvare alcuna legge. L’obiettivo della dollarizzazione rimane, “ma non adesso”. E per metà anno Milei punta ad eliminare del tutto i controlli sui capitali, anche noti come “cepo”. Sarà un passaggio fondamentale per migliorare le condizioni complessive dell’economia.

Dicevamo, inflazione argentina in netto rialzo. Tuttavia, esistono già alcuni segnali positivi. Su base mensile c’è stato un discreto rallentamento nella crescita dei prezzi al consumo: dal +25,5% di dicembre al +20,6% di gennaio. “Sotto il 25% è già un successo”, ha spiegato Milei. Non solo. Il tasso di cambio al mercato nero è sceso da 1.255 a 1.105 contro il dollaro in tre settimane. Un rafforzamento dei pesos del 13,5% che fa ben sperare. Se il trend proseguisse o almeno il cosiddetto “dolar blue” si stabilizzasse, non ci sarebbe alcun bisogno di una nuova svalutazione.

Riserve di dollari in aumento, si spera nei raccolti

E poi ci sono le riserve valutarie. Nel solo mese di dicembre erano cresciute già di 1,5 miliardi di dollari, ma da quando Milei è presidente risultano aumentate di 6,4 miliardi. Entro marzo, stimano dal governo, la crescita risulterà doppia. E se nel 2023 la siccità fece collassare le esportazioni agricole, specie di soia, quest’anno i raccolti dovrebbero tornare su livelli più ordinari e portare nel paese ad un afflusso di circa 30 miliardi di dollari. Non a caso la rimozione del “cepo” avverrebbe dopo i raccolti. Nel frattempo, Casa Rosada vuole convincere investitori e governi stranieri del cambio di passo dell’Argentina sotto la sua presidenza. Ha iniziato con visite in Israele, Vaticano e Italia. Sui mercati regna un cauto ottimismo.

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