Ci sono buone notizie sul fronte dell’inflazione italiana. L’ISTAT ha diramato mercoledì le stime preliminari per il mese di giugno, quando l’indice dei prezzi al consumo è rimasto sostanzialmente invariato su base mensile e risulta cresciuto del 6,4% su base annua. Il dato è risultato il più basso degli ultimi 14 mesi. A maggio, era stato del 7,6%. In particolare, il famoso “carrello della spesa”, cioè il paniere dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dalle famiglie, segna una crescita del 10,7%. Pur in rallentamento dal +11,2% di maggio, resta un ritmo elevatissimo.

Quanto alla componente di fondo, cioè al netto di energia e generi alimentari, la crescita dei prezzi rallenta da +6% a +5,6%. L’apice era stato del 6,3% a febbraio.

Quando diciamo che l’inflazione italiana scende, occhio a non fare confusione col fatto che il costo della vita si riduca. Infatti, inflazione e prezzi non sono sinonimi. La prima esprime la variazione dei secondi. Dunque, stiamo affermando che stia diminuendo la velocità con cui i prezzi aumentano. Resta il fatto che continuino ad aumentare. Come dire che vado su un’auto a 100 km/h e, ad un certo punto, freno un po’ e rallento a 80 km/h. Non sto facendo retromarcia, semmai vado avanti lungo il percorso meno velocemente.

Ad ogni modo, è positivo che l’inflazione italiana rallenti. Significa che tutti noi consumatori stiamo perdendo minore potere di acquisto rispetto a qualche mese fa nel confronto annuo. Pensate che ad ottobre e novembre i prezzi erano mediamente esplosi dell’11,8%. Ma d’altra parte ci sono ragioni statistiche che stanno rallentando la corsa dell’inflazione. Avete mai sentito parlare di “effetto base”? Ve lo spiegheremo ricorrendo ai dati italiani nell’ultimo anno.

Inflazione italiana giù con “effetto base”

Dicevamo che l’inflazione italiana a giugno risulta essere stata del 6,4% per la stima preliminare dell’ISTAT.

Significa che mediamente i prezzi al consumo nel nostro Paese sono aumentati di tale percentuale rispetto al mese di giugno del 2022. Cosa accadde un anno fa? I prezzi aumentarono dell’1,2% rispetto a maggio. In altri termini, tra maggio e giugno dello scorso anno vi fu un “salto”. L’inflazione iniziava a mordere sul serio. Nei mesi seguenti, ecco la crescita dei prezzi al consumo su base mensile: +0,4% a luglio, +0,8% ad agosto, +0,3% a settembre e +3,3% a ottobre. Tra maggio e ottobre i prezzi s’impennarono del 6%. Dopodiché sono saliti molto più lentamente, tant’è che da ottobre a giugno hanno segnato un più contenuto +1,2%.

Quando calcoliamo l’indice dei prezzi di quest’anno, necessariamente lo confronteremo con i dati dello stesso mese del 2022. Ne consegue che, essendo il confronto con un indice “gonfiatosi” durante l’estate dello scorso anno, la crescita risulterà più debole. Esempio pratico: poniamo che nel bimestre luglio-agosto del 2022 abbiamo pagato 150 euro per la bolletta della luce e nel bimestre successivo settembre-ottobre 300 euro. Il doppio dei due mesi precedenti e, per ipotesi, a parità di consumi anche rispetto a un anno prima. Se a settembre-ottobre di quest’anno pagassimo 330 euro, sempre a parità di consumi, l’aumento annuale sarebbe solamente del 10% contro il 100% di un anno prima. Formalmente, la nostra inflazione sta crollando. In realtà, stiamo continuando a spendere molto più di quando è partita la corsa dei prezzi e persino dei mesi peggiori per i rincari.

Tutto questo è per farvi capire che il calo dell’inflazione italiana non implica un miglioramento della nostra capacità di acquisto. Con stipendi fermi, il potere di acquisto continua a ridursi e si somma a quello già accusato nei mesi precedenti. La vera notizia positiva potrebbe essere un’altra: se questo trend fosse confermato per l’intera Area Euro per i prossimi mesi, la Banca Centrale Europea (BCE) porrebbe fine all’aumento dei tassi d’interesse.

Le rate del mutuo non salirebbero più. Se, poi, l’inflazione scendesse velocemente attorno al target del 2%, l’istituto si potrebbe permettere persino un taglio dei tassi. A quel punto, le banche farebbero pagare ai nuovi clienti rate più basse, così come ai vecchi clienti titolari di mutui a tassi variabili. Ad oggi, però, un ritorno alla normalità non è previsto fino al 2025-2026.

[email protected]