Con una mossa a sorpresa, almeno sui tempi, Nord Stream 2 ha registrato una società sussidiaria con sede legale in Germania, togliendo ogni alibi alle autorità tedesche sul rilascio delle autorizzazioni per consentire l’attivazione del pipeline che dalla Russia conduce il gas fino alla Germania attraverso il Mar Baltico. A novembre, la Bundesnetzagentur, l’Agenzia per l’energia federale, aveva negato al gasdotto russo l’avvio delle attività, in quanto le leggi nazionali vietano che le reti strategiche siano di proprietà di uno stato straniero.

Per il cancelliere Olaf Scholz la notizia è una bella gatta da pelare. La Russia sta ammassando le proprie truppe al confine con l’Ucraina, minacciandone di fatto l’integrità territoriale. USA ed Europa hanno reagito, minacciando a loro volta dure sanzioni nel caso di attacco. Gli americani hanno inviato tra l’altro 8.500 soldati nella zona come avvertimento contro Mosca.

Sul piano geopolitico non sarebbe alcun dubbio sul fatto che Nord Stream 2 non debba al momento essere autorizzata ad operare in uno stato dell’Unione Europea. Tuttavia, le ragioni dell’economia sono diverse. La Germania ha raggiunto a dicembre un tasso d’inflazione del 5,3%, il più alto dai tempi della riunificazione. Parte dei rincari si deve proprio all’esplosione dei prezzi di gas e petrolio, oltre a diverse altre materie prime come rame e legname.

La dura scelta tra inflazione e Ucraina

Ora, Scholz deve da un lato esercitare la leadership europea, che gli imporrebbe di tenere duro sull’Ucraina, ma dall’altro deve pur salvaguardare gli interessi nazionali dei tedeschi, a partire dal potere d’acquisto così minacciato in questi mesi. Cosa fare? Accettare il gas russo e indispettire gli alleati americani, europei e perdere la propria leva politica su Kiev o continuare con la farsa burocratica e subirne le conseguenze con l’ulteriore aumento dell’inflazione, magari protratto nel tempo più del previsto?

Il presidente russo Vladimir Putin avrebbe un’altra carta da giocare sul tema.

La Russia rifornisce l’Europa del 40% dei suoi consumi di gas ed è bastato in questi mesi avere parzialmente chiuso i rubinetti per provocare una crisi energetica nel Vecchio Continente. Se stringesse ancora di più, molte attività produttive collasserebbero, non riuscendo a tenere testa ai costi, mentre le famiglie subirebbero un caro bollette insostenibile. Nord Stream 2 dispone di una capacità annua di 55 miliardi di metri cubi, circa l’80% dei consumi dell’Italia. Soprattutto, per Mosca è un modo per bypassare proprio l’Ucraina e aumentare la propria influenza sulla politica europea.

L’alta inflazione post-lockdown è diventato un problema serio un po’ in tutto il mondo avanzato. Si pensi al 7% di dicembre negli USA, ai massimi dal 1982. Tuttavia, in Germania il tema della stabilità dei prezzi è molto sentito da sempre e Scholz non vorrà certo iniziare la sua esperienza alla guida del governo nei panni di un cancelliere incapace a rispondere alle richieste della Germania. Ma questo lo pone dinnanzi a una scelta: prima l’interesse tedesco o le alleanze geopolitiche? Non è un problema inedito per Berlino, chiamata più volte negli ultimi anni a barcamenarsi tra cuore e ragione. Basti pensare ai salvataggi ripetuti della Grecia e all’avallo della politica monetaria ultra-espansiva della BCE per salvare l’euro. Infine, non sfugga un dato: l’ultimo cancelliere socialdemocratico prima di Scholz fu Gerhard Schroeder, cooptato nel board di Gazprom subito dopo la fine della sua esperienza politica tedesca. Russi e tedeschi hanno una storia di intrecci affaristici che cozzano con la durezza di facciata delle posizioni di Berlino.

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