Che il Sud Italia sia in preda a un’emergenza lavoro, lo sappiamo fin troppo bene. Ma i dati emersi dall’Eurostat dipingono un quadro ancora più allarmante di quanto pensiamo. Nel Meridione, escluse le Isole, i disoccupati a lungo termine (più di 12 mesi) sono stati 501.000 nel 2021 tra i 15 e 74 anni, più dei 497.000 dell’intera Germania. Senonché stiamo parlando di un’area che conta appena 6 milioni di occupati e che si confronta con i 45,2 milioni di occupati tedeschi. Se includiamo Sicilia e Sardegna, i disoccupati “cronici” salgono alla cifra di 758.000, più di una volta e mezza la Germania.

In percentuale, essi incidono per il 10,3% nel Sud Italia, mentre in Germania per appena l’1,2%. Complessivamente, poi, i disoccupati di lungo termine in tutta Italia ammontavano l’anno scorso a 1,364 milioni, per cui si deduce che nel Nord siano stati poco più di 600.000, a fronte di 17 milioni di occupati. Numeri che evidenziano le distanze abissali anche all’interno del Bel Paese.

Disoccupati piaga del Sud Italia

Altro aspetto poco rassicurante il fatto che i disoccupati cronici europei si siano dimezzati da 10,3 a 5,8 milioni tra il 2012 e il 2021. In Italia, sono rimasti sostanzialmente stabili. Dunque, non solo andiamo molto male, ma neppure segnaliamo alcun miglioramento. Di fatto, i nostri occupati incidevano nel 2021 su quelli dell’intera Unione Europea per l’11,37%, ma i nostri disoccupati cronici per ben il 23,3%, un peso doppio.

Il tasso di disoccupazione tra i giovani di età compresa tra 15 e 29 anni nell’intera Unione Europea si attestava al 13% nel 2021. Ma il Sud Italia figurava tra le prime dieci posizioni con tre regioni: Sicilia (40,1%), Campania (37,7%) e Calabria (37,2%). Per il resto vi erano tre regioni spagnole e quattro della Grecia. Secondo l’ISTAT, l’occupazione nel quarto trimestre era al 45,6% nel Mezzogiorno, ben sotto la media nazionale del 59,1%. Al Nord arriva al 67,2%, al Centro al 63,5%.

Troppe differenze con il mercato del lavoro europeo

E, dunque, lavora nel Mezzogiorno d’Italia solamente il 30% circa dei suoi abitanti contro una media nazionale di circa il 38%, già di per sé relativamente bassa. In Germania, siamo a un rapporto di oltre 1:2. Numeri che ci fanno capire quanto fuorvianti siano i paragoni che spesso facciamo tra i diversi mercati del lavoro in Europa su tematiche come il salario minimo e i sussidi. Se la Germania può permettersi di introdurre una retribuzione oraria per legge non inferiore a 12 euro, l’Italia non versa nelle medesime condizioni. Anzi, siamo lontanissimi dalla piena occupazione alla tedesca.

D’altra parte, non ha granché senso neppure comparare il nostro reddito di cittadinanza con il sistema ancora più generoso di welfare tedesco a favore di chi un lavoro non ce l’ha. Semplicemente, i disoccupati cronici tedeschi rappresentano una esigua minoranza che il folto popolo degli occupati può permettersi di sostentare anche senza interrogarsi troppo sul possesso reale dei requisiti per accedere ai sussidi (fidatevi, le truffe esistono anche in Germania). Non lo stesso dicasi per un mercato del lavoro in cui pochi tirano la carretta e un numero sterminato di italiani risulta essere non occupato. Sono 2,6 milioni coloro che, pur potendo, non lavorano e neppure cercano un’occupazione.

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