E niente, neppure il canone RAI in bolletta è riuscito a far quadrare i conti di Viale Mazzini. Il suo amministratore delegato Carlo Fuortes si è presentato in commissione di Vigilanza come colui che passa in banca prima di portare i libri in tribunale. Ha lamentato la carenza di risorse provenienti proprio dagli utenti-contribuenti. A suo dire, se è vero che il balzello in bolletta abbia ridotto l’evasione fiscale dal 27% al 3%, d’altra parte il legislatore lo ha diminuito in misura più che proporzionale, facendolo scendere agli attuali 90 euro.

Inoltre, Fuortes spiega che il canone RAI risulta zavorrato dalle maggiori trattenute tramite la tassa di concessione, ragione per cui solo l’86% di quanto pagato dagli utenti arriva nelle casse aziendali. Ed ecco che arriva la quadrupla richiesta ai parlamentari: tagliare la tassa di concessione, estendere il canone a tutti i dispositivi elettronici, aumentarne l’importo e consentire alla RAI di accedere ai fondi per l’editoria.

La reazione di Andrea Riffeser Monti, a capo della Fieg, la Federazione italiana editori e giornali, è stata immediata. Ha fatto notare a Fuortes che i fondi per l’editoria in Italia ammontano a circa 110 milioni di euro all’anno, mentre la TV di stato incamera risorse per oltre 1,7 miliardi di euro, una cifra che nessun altro attore dell’editoria può anche solo sognarsi di avere.

Canone RAI e conti in rosso

E andando a spulciare i conti in RAI, ci accorgiamo di quanto la TV di stato dovrebbe semplicemente avere la dignità di tacere. Nel 2020, ha incassato 2,36 miliardi di euro, di cui 501 milioni attraverso la pubblicità. Un fatturato simile a quello di Mediaset, che ha chiuso l’esercizio con ricavi per 2,637 miliardi. Peccato che a Viale Mazzini lavorino 12.000 dipendenti, anziché i 4.906 tra Cologno Monzese e la controllata a Madrid. E così, la RAI ha speso 917 milioni di euro per gli stipendi, più del doppio di Mediaset, con la differenza che la prima ha chiuso in perdita per 20 milioni e la seconda in utile per 139,3 milioni.

E guardate che nell’anno del Covid a TV e giornali è andata di lusso, grazie ai “lockdown” e alla curiosità degli italiani per l’andamento della pandemia.

Fatto sta che fino al 2015 sono venuti a raccontarci la storiella per cui il canone RAI fosse fin troppo evaso e per questo la TV di stato non disponesse di risorse sufficienti per offrire un buon servizio pubblico agli utenti. Dopodiché abbiamo scoperto che il canone RAI in bolletta abbia quasi azzerato l’evasione, ma all’azienda sia arrivata sostanzialmente la stessa cifra di sempre. Il resto lo ha intascato lo stato. E adesso veniamo a sapere che Viale Mazzini vorrebbe tassare anche smartphone, tablet e PC, dato che anche tramite i dispositivi elettronici sarebbe possibile collegarsi alle sue trasmissioni. Infine, chiede che l’importo del canone RAI sia innalzato ai livelli europei.

E proprio da Bruxelles arriverebbe un nuovo colpo ai conti. Il canone RAI in bolletta è considerato dalla Commissione europea un onere improprio e questa ha già chiesto ai governi di porre fine a simili misure. Tant’è che lo stesso Mario Draghi avrebbe in mente di eliminarlo per ottemperare alle richieste europee. Una scelta ancora più sentita in questi mesi di maxi-rialzi delle bollette di luce e gas. Ma chiaramente questo non significherà sottrarsi al pagamento del balzello più odiato dagli italiani. Anzi, c’è tutta l’aria di una truffa in atto: aumenteranno il canone RAI con la scusa che, non essendo più in bolletta, dovranno compensare la prevista crescita dell’evasione?

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