Aveva debuttato nel mese di giugno sopra 1,07 per concludere a 1,045. Il cambio euro-dollaro torna a ripiegare dopo che per alcune settimane si era intravista una discreta risalita. La BCE aveva formalizzato l’intenzione di alzare i tassi d’interesse a partire da luglio e ciò aveva arrestato la caduta del cross. Ma nelle ultime sedute l’aria è cambiata di nuovo a favore del biglietto verde. Il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, ha fatto presente al Congresso che la sua battaglia in questa fase sarà contro l’inflazione e che intende vincerla.

In altre parole, ci saranno nuovi sostanziosi aumenti dei tassi. A giugno, l’istituto li ha alzati dello 0,75% a 1,50-1,75%, il maggiore incremento dal 1994. Molto probabilmente ve ne sarà un altro della stessa entità a fine luglio. Questo significa che quando la BCE verosimilmente li avrà portati da -0,50% a -0,25%, negli USA saranno già al 2,50%.

La divergenza monetaria tende ad ampliarsi nei prossimi mesi. Ciò deprime il cambio euro-dollaro, sebbene bisogna ammettere che il trend sia stato scontato da mesi. In effetti, il ripiegamento dell’ultima settimana è dovuto più al timore sullo stato dell’economia. Negli USA crescono le probabilità di recessione entro i prossimi 12-18 mesi, ma al momento l’Eurozona sta messa peggio. L’area paga la sua prossimità geografica alla guerra in Ucraina, nonché la crisi energetica in atto.

Cambio euro-dollaro debole anche in prospettiva

Il rialzo dei tassi BCE è fuori dubbio a luglio così come a settembre, ma per il dopo non vi è certezza. La FED potrà anche fermarsi ad un certo punto, ma sta di fatto che già oggi fissa i suoi tassi nettamente sopra lo zero. La BCE deve ancora iniziare e già vi sono dubbi sulla durata e l’entità della stretta monetaria. Un quadro deprimente per il cambio euro-dollaro, anche perché l’aria di crisi avvantaggia i famosi “porti sicuri”, come segnala lo stesso apprezzamento del franco svizzero.

Il mercato sconta un rialzo dei tassi FED al 3,50% entro fine anno e al 3,75% entro la prossima primavera. Dopodiché, già per giugno-luglio del 2023 intravede il primo taglio dei tassi al 3,50%. Nelle scorse settimane, stando sempre ai dati sui contratti derivati di CME Group, le attese erano per tassi FED a dicembre al 3,75%. Dunque, persino negli USA si mette in dubbio il percorso tracciato da Powell. Ma i mercati ragionano in ottica comparativa: se Atlanta si becca un raffreddore, Francoforte rischia la polmonite.

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