Si è tenuto in Cornovaglia, nel sud-ovest dell’Inghilterra, il G7 di questo 2021. E’ stato il primo per il presidente americano Joe Biden, così come anche per il premier italiano Mario Draghi e quello giapponese Yoshihide Suga, nonché il sedicesimo e ultimo per la cancelliera tedesca Angela Merkel. Due sono stati i temi-chiave della riunione: soccorso agli stati più poveri, affinché abbiano a disposizione sufficienti dosi di vaccino contro il Covid-19 e si scongiuri un perdurare ulteriore della pandemia; risposta contro la Cina.

Sul primo punto, i 7 grandi della Terra si sono impegnati a fornire agli stati del Terzo Mondo 1 miliardo di dosi. Non sono i 10 miliardi richiesti dagli organismi internazionali, ma un buon punto di partenza. Ma è sulla Cina che Biden è riuscito a portare a casa il risultato più importante, pur avendo dovuto mediare con i partner europei. Nel comunicato finale, si chiede formalmente a Pechino di rispettare i diritti umani nella regione dello Xinjiang, dove risulta perseguitata la minoranza degli uiguri, e a Hong Kong, nonché di mantenere la pace con la provincia di Taiwan. Inoltre, si fa accenno all’adozione di tutte le misure necessarie per contenere le “pratiche anti-mercato” cinesi.

Poche righe, ma che suggellano l’inizio di nuove relazioni tra l’Occidente e la Cina. Quest’ultima ha reagito immediatamente, rispondendo che “sono finiti i tempi in cui un piccolo gruppo di paesi decideva le sorti di tutto il pianeta”. E in conferenza stampa, il premier Draghi ha ribadito che con Pechino i rapporti andranno avanti, pur “senza sconti”. Biden sulla scia di Donald Trump, insomma. Solamente un anno fa, l’ex presidente americano cercava inutilmente di convincere i partner della necessità di alzare i toni con il regime di Xi Jinping e di erigere barriere commerciali, ma anche politiche contro di esso. I tempi adesso sembrano maturi per resettare le relazioni.

Tanto più che alla Casa Bianca di dà formalmente credito all’ipotesi che il Covid-19 sia stato originato dal laboratorio di Wuhan. In sostanza, sarebbe frutto di un esperimento sfuggito al controllo degli scienziati.

L’imbarazzo dell’Italia sulla Cina al G7

Ma passare dalle parole ai fatti non sarà facile. La sola Germania ha scambiato con la Cina beni e servizi per 213 miliardi di euro nel 2020. Il più grande mercato per le vendite di Volkswagen è proprio quello cinese, dove la casa automobilistica tedesca ormai figura prima. Questo per darvi un’idea di cosa stiamo parlando. E c’è il caso Italia. Nel 2019, Roma fu la prima (e ad oggi, unica) capitale europea ad avere aderito alla “Belt and Road Initiative”, la cosiddetta “Via della Seta” con cui Pechino punta a utilizzare una cinquantina di stati tra Asia ed Europea per meglio penetrare commercialmente e politicamente il resto del pianeta.

Sebbene Draghi abbia quasi del tutto cancellato quel “partito filo-cinese” presente nei precedenti due governi Conte, a ricordargli che la realtà sia un più complessa lo ha dimostrato nei giorni scorsi Beppe Grillo. L’ex portavoce del Movimento 5 Stelle ha incontrato l’ambasciatore cinese a Roma proprio nelle stesse ore in cui i leader del G7 cercavano un compromesso sulla dichiarazione nei riguardi della Cina. E’ evidente che sia stato voluto per segnalare al premier italiano che nel suo governo il principale partito che lo sostiene abbia posizioni filo-cinesi. E a quell’incontro avrebbe dovuto partecipare anche l’ex premier Giuseppe Conte, il quale vi ha rinunciato all’ultimo secondo a seguito dell’imbarazzo e delle polemiche scatenatesi a Roma.

La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha duramente attaccato dall’opposizione i “grillini”, tacciandoli di essere “la quinta colonna del regime cinese”. Sta di fatto che quanto è accaduto in passato e continua ad accadere a Roma abbiano creato grande imbarazzo al G7 inglese.

Draghi, che su tutto il resto ha potuto giocarsi la carta della credibilità internazionale unanimemente riconosciutagli, su un tema così delicato ha dovuto giocare in difesa, anche nel colloquio bilaterale con Biden, andato “molto bene” stando alle sue stesse dichiarazioni. Nessuno dubita che il premier abbia posizioni europeiste ed atlantiste, semmai il sospetto è che non siano le uniche presente nel suo stesso esecutivo. E in una fase in cui l’Occidente può e deve reagire alla pandemia ridisegnando l’ordine economico e politico mondiale per contenere la forza di Pechino, l’M5S costituisce un punto di debolezza inquietante per l’Italia, similmente al PCI durante la Prima Repubblica.

[email protected]