Vi ricordate quando la crisi dei debiti sovrani travolse l’Irlanda? Fu l’unico stato del Nord Europa ad avere dovuto richiedere un salvataggio internazionale. Il suo nome fu associato ai fallimenti di Grecia e Portogallo e alle convulsioni di Spagna e Italia. Da allora è passato oltre un decennio e oggi la “Tigre Celtica” si mostra più forte che mai. I problemi fiscali sono alle spalle, anzi oggi il governo di Dublino si ritrova a fronteggiare il “problema” opposto. L’anno scorso, i conti pubblici si sono chiusi in attivo di 8 miliardi, l’1,6% del PIL.

E le stime ufficiali prevedono un avanzo del 6,3% entro il 2026. Entro i prossimi quattro anni, lo stato dovrebbe incassare 65 miliardi in più di quanto spenderà. Come gestire questo “tesoro”? L’idea sarebbe di creare un fondo sovrano ad hoc.

Gli avanzi di bilancio non sono una novità per l’Irlanda. Prima della crisi finanziaria del 2008 erano, anzi, la norma. I deficit comparvero in maniera esplosiva quindici anni fa e costrinsero il paese ad alzare bandiera bianca. Vennero in suo soccorso Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale, la famosa “Troika”. Solo che nel giro di pochi anni l’Irlanda si è ripresa alla grande dal tracollo ed è riuscita ad abbattere il debito pubblico dall’apice del 120% del PIL toccato nel 2013 a meno del 45% del 2022.

Dal bailout agli avanzi di bilancio

Com’è stato possibile passare dal “bailout” internazionale all’idea del fondo sovrano? La parola chiave è “multinazionali”. L’Irlanda ha una fiscalità di vantaggio per le imprese, sottoponendo gli utili ad un’aliquota del 12,50%. Ciò ha attirato negli anni colossi da tutto il mondo, che qui hanno la loro sede fiscale. Basti pensare ai giganti della Silicon Valley come Meta (ex Facebook). Oramai, incidono per oltre la metà del PIL irlandese e per un quarto delle entrate fiscali.

Nel 2021, l’Irlanda aderì dopo un lungo negoziato al piano dei paesi OCSE per imporre una “minimum tax” del 15% sui profitti delle imprese a partire dal 2024. In teoria, ciò potrebbe colpire le finanze statali del paese, sebbene la bassa aliquota prevista non dovrebbe provocare grossi danni erariali. Ad ogni modo, Dublino sta cercando di mettersi al sicuro con il fondo sovrano. L’anno scorso, l’allora ministro delle Finanze, Paschal Donohoe, istituì il National Reserve Fund, a cui già sono stati accreditati 6 miliardi. Servirebbe come fondo anti-crisi per i momenti in cui dovesse servire.

Tuttavia, negli ultimi tempi sta prendendo piede l’idea di imitare l’esempio di grande successo della Norvegia. Oslo diede vita a un fondo sovrano alimentato dai proventi petroliferi a metà degli anni Ottanta. Da allora ha investito sui mercati finanziari e in immobili e oggi gestisce asset per oltre 1.260 miliardi di euro di controvalore. L’Irlanda ha una popolazione simile a quella norvegese, di circa 5 milioni di abitanti. Vanta un PIL anch’esso sostanzialmente simile, intorno ai 500 miliardi. Il PIL pro-capite risulta essere, quindi, tra i più alti al mondo.

Fondo sovrano per l’Irlanda contro rischi futuri

Esistono dubbi e critiche al modello irlandese. Ad esempio, basterebbe che alcune multinazionali lasciassero il paese per spostare altrove la sede fiscale per fare implodere il PIL come quindici anni fa. Il guaio sarebbe, a quel punto, che il debito pubblico, pur basso oggi in termini percentuali, in termini assoluti resterebbe elevato: 225 miliardi di euro, qualcosa come 45.000 euro per abitante. All’incirca quanto in Italia. Ed è per questo che Dublino guarda ad Oslo. Il fondo sovrano servirebbe o per ripagare il debito in scadenza senza emetterne di nuovo o per investire gli avanzi fiscali, così da ottenere entrate extra con cui sostenere le casse statali nei decenni futuri.

Tra i problemi avvertiti c’è l’invecchiamento della popolazione, il quale inevitabilmente porterà a un aumento della spesa per le pensioni e, in generale, per l’assistenza. E bisogna mettersi al sicuro da un possibile cambiamento nelle legislazioni nazionali di altri paesi, tali da provocare la fuga delle multinazionali dall’Irlanda. Gli irlandesi non hanno dimenticato quanto accadde loro con la crisi finanziaria mondiale. Tra il 2007 e il 2013 il debito pubblico quintuplicò in rapporto al PIL e quasi triplicò in valore assoluto. L’onta del “bailout” internazionale grava ancora sul paese, il cui rating non ha recuperato la tripla A. Purtuttavia, il suo debito è giudicato AA- da S&P e Fitch e Aa3 da Moody’s.

In conclusione, il fondo sovrano dell’Irlanda serve da lezione al resto d’Europa. E’ vero che l’economia domestica vanta alcune peculiarità non del tutto replicabili. Ad ogni modo, il paese è riuscito in pochi anni a passare da una crisi fiscale al discutere su come impiegare al meglio gli avanzi di bilancio. Sta cercando di sfruttare i tempi buoni per mettere al sicuro il proprio futuro. In Italia, il dibattito pubblico da anni verte su quale canale sfruttare per spendere ancora di più, se attingere ai bilanci nazionali o ai fondi europei del PNRR. Il paradigma di Roma resta immutato da decenni.

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