Continua la crisi del turismo e del settore aereo causate dal coronavirus. Due settori che stanno subendo le peggiori conseguenze e che durante la fase 2 non sembrano vedere ancora una via d’uscita. Le compagnie aeree, in particolare, stanno vivendo mesi molto duri con perdite economiche ingenti e un destino incerto.

Ryanair taglia posti di lavoro

Da settimane si parla della ripartenza dei voli e dei vari stravolgimenti che riguardano aeroporti e aerei. Riassumendo, sia sui voli che in aeroporto saranno obbligatorie le mascherine, saranno creati percorsi negli aeroporti per evitare affollamenti durante imbarchi e check-in, oltre all’intenzione di mantenere il posto vuoto centrale per mantenere la distanza.

E proprio sul posto centrale vuoto era iniziata la lotta di Ryanair, intenzionata a non volare piuttosto che dover mantenere tutti i posti centrali vuoti con pesanti conseguenze economiche. Proprio per Ryanair le prospettive non sono rosee, si parla di 3mila posti di lavoro a rischio e di almeno due anni per tornare alla normalità. Solo dall’estate 2022 la compagnia aerea low cost pensa di tornare ai livelli del 2019, un periodo lunghissimo che di conseguenza potrebbe portare a riduzioni salariali fino al 20%, la chiusura di alcune basi e l’annullamento del 99 per cento dei voli fino a luglio. Michael O’Leary ha deciso anche di ridurre la sua retribuzione al 50 per cento fino a marzo 2021 e ha annunciato di aver dato vita a dei negoziati con Boeing per ridurre il numero di consegne di aerei nei prossimi due anni. Insomma, si prevede un periodo nero per la compagnia low cost più famosa d’Europa ma non è la sola.

Le altre

Anche British Airways e Sas hanno deciso di tagliare l’occupazione. Il gruppo Iag, la holding che accorpa Ba, Iberia, Aer Lingus e altri vettori, ha informato che taglierà 12mila posti di lavoro tra assistenti di volo, piloti e personale di terra.

British Airways ha anche comunicato che potrebbe chiudere i voli da Londra Gatwick e di conseguenza andrebbero in fumo altri posti di lavoro. Anche Sas ha in programma 5mila esuberi in quanto, secondo l’a.d. Rickard Gustafson, «il business non tornerà a pieno ritmo prima del 2022». I tagli riguarderanno il personale sia in Svezia, che Danimarca e Norvegia. Emirates e Etihad nel frattempo sono convinte che di questo passo l’85 per cento delle compagnie aeree la bancarotta entro la fine dell’anno.

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