C’è una fortissima incongruenza tra i dati sul Covid pubblicati dalla Cina in questi giorni e le stime degli osservatori internazionali. A fronte di una media giornaliera ufficiale scesa sotto i 1.000 casi, secondo gli scienziati i numeri sfiorerebbero il milione di contagi ogni ventiquattro ore. Numerose sarebbero anche le vittime, sebbene la quantificazione esatta sia a questo punto quasi impossibile. L’emergenza è stata scatenata dalla variante Gryphon, che già si affaccia in Europa, pur ancora con percentuali tra l’1% e il 2,50% dei casi registrati negli ultimi giorni.

Si teme che essa abbia trovato il modo di “bucare” i vaccini sin qui iniettati alla popolazione, peraltro quando già scarseggiano le nuove dosi ricevute.

Emergenza Covid Cina

L’Italia è stata tra i pochissimi paesi al mondo ad avere già imposto tamponi obbligatori per i passeggeri in arrivo dalla Cina negli aeroporti nazionali. Lo stesso hanno deciso gli Stati Uniti. L’Unione Europea valuterà proprio oggi il da farsi. L’anomalia a Pechino consiste nel fatto che, mentre il Covid in Cina diventa emergenza nazionale come mai finora, il governo sta allentando tutte le restrizioni e riaprendo i confini. L’opposto di quanto ci si aspetterebbe dal presidente Xi Jinping, fautore della politica del cosiddetto Covid zero.

Il punto è che la Cina non può più permettersi forti restrizioni come la quarantena rigida per tutti i contagiati e su larga scala. Le proteste delle settimane scorse hanno scosso il potere politico, perché sono state diffuse e alimentate dalla rabbia di una popolazione stremata dall’osservanza di protocolli durissimi e sanzionati severamente nel caso di trasgressione. Oltretutto, l’economia cinese ha rallentato il passo ai minimi da inizio anni Novanta. Per il Fondo Monetario Internazionale, crescerà solo del 3,2% quest’anno, meno dell’Italia e sotto il 5,5% atteso dal governo.

Variante Gryphon incubo per economia europea

La variante Gryphon, tuttavia, minaccia anche l’economia europea.

Per arrestare la possibile nuova ondata dei contagi, i governi potrebbero tornare a imporre qualche restrizione, tra cui il distanziamento sociale. Un’ipotesi non contemplata in nessuna previsione macro per il 2023 e che indebolirebbe il tasso di crescita già atteso prossimo allo zero. Germania e Italia, ad esempio, starebbero già entrando in recessione. Se fosse, invece, la Cina a ripristinare alcune delle restrizioni abbandonate da qualche settimana, il discorso non muterebbe granché a favore dell’Europa.

Ricordiamoci com’è esplosa l’inflazione nell’ultimo anno: chiusure degli stabilimenti produttivi in Cina e altri stati asiatici, interruzione delle catene di valore e, quindi, riduzione dell’offerta globale. Al contempo, i sussidi generosissimi dei governi hanno sostenuto la domanda. Gli squilibri sul mercato dei beni e servizi sono finiti per alimentare la spirale dei prezzi. Il caro energia ha fatto il resto. Proprio quando alcune di queste dinamiche stanno venendo meno, il Covid in Cina rischia di scombinare nuovamente i piani.

E c’è una differenza in negativo rispetto al 2020. Allora, quando la pandemia fece irruzione nel Vecchio Continente, i governi poterono intervenire a sostegno delle categorie più colpite, aiutati dall’azzeramento dei tassi e dalle maxi-iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali. Adesso, sta avvenendo l’esatto contrario. I debiti pubblici sono esplosi insieme all’inflazione, le banche centrali stanno aumentando i tassi e ritirando la liquidità in circolazione, mentre i governi rientrano dagli alti disavanzi fiscali degli anni passati. L’eventuale nuova emergenza equivarrebbe a un secondo incendio in una casa già devastata dalle fiamme e con i pompieri a corto di acqua per spegnerle.

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