Il Festival di Sanremo non ha dato alcuna spallata alla maggioranza di centro-destra già al governo del Paese. Le polemiche dei giorni scorsi hanno confermato che i cittadini italiani dell’una e dell’altra parte non hanno l’anello al naso, non sono così trinariciuti come l’élite mediatica tende a pensare. Le elezioni regionali di domenica e ieri in Lazio e Lombardia hanno esitato risultati chiarissimi: vittoria schiacciante del centro-destra e sconfitta bruciante per il centro-sinistra, quest’ultimo sia nel formato PD + Movimento 5 Stelle (Lombardia) e PD + Terzo Polo (Lazio).

Non ha aiuto di certo lo svolgimento del congresso per la scelta del prossimo segretario del Partito Democratico. La sfida interna tra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein non ha agevolato la chiarezza delle posizioni del principale partito di opposizione.

Elezioni regionali chiudono stagione Covid

C’è da dire che fino a qualche mese fa, al Nazareno aleggiasse la forte convinzione che la partita lombarda fosse contendibile e che quella laziale vedesse persino il centro-sinistra partire avvantaggiato. Il candidato uscente e rieletto Attilio Fontana fu oggetto di fortissime critiche al limite dell’insulto personale durante la pandemia. Il modello sanitario lombardo fu vilipeso e considerato inefficiente e quasi fautore dei contagi dilaganti stessi nella regione. La persona di Fontana ne era uscita così indebolita sul piano mediatico che il suo assessore alla Salute, Letizia Moratti, ha ritenuto persino di candidarsi contro il suo ex “datore di lavoro”.

Nel Lazio, il PD ha puntato le sue chance di vittoria su Alessio D’Amato, assessore alla Salute uscente della Giunta Zingaretti. La sua gestione della pandemia, considerata positiva, avrebbe dovuto tirare la volata alla coalizione che lo sosteneva. Non è accaduto nulla di tutto questo. Memoria corta degli elettori nell’uno e nell’altro caso? La verità sembra più banale. Il PD aveva pensato di superare la crisi d’identità e di consenso che dura ormai da oltre un decennio grazie al periodo d’eccezione offerto dal Covid-19.

E ha sperato già alle elezioni politiche di settembre di raccogliere i frutti di quella tregua obbligata tra i partiti per proporsi come partito rassicurante del sistema politico.

Ottimismo su economia italiana

Quello che forse ha scoperto solo ieri, a urne chiuse, è che gli italiani vogliono mettersi alle spalle la pandemia e tutto ciò che la rievoca sul piano dei tristi ricordi. Tira un vento di cauto ottimismo per l’economia italiana. Le ultime previsioni dell’Unione Europea danno il nostro PIL in crescita dello 0,8% quest’anno, più dello 0,6% della Francia e dello 0,2% della Germania. Nel triennio 2021-2023, saremmo così cresciuti del 2,7% contro il 3,1% della Francia e il 2,1% di Germania e Spagna. Abbiamo già recuperato le perdite provocate dalla pandemia e staremmo continuando a crescere sostanzialmente nella media delle grandi economie europee. Non era scontato fino a qualche anno fa.

Il governo Meloni non può certo appropriarsi dei meriti del biennio passato, ma gli sfaceli paventati dal PD con la sua nascita non si sono, per nostra fortuna, verificati. E gli italiani, alle elezioni regionali di ieri, hanno inviato una richiesta di stabilità. Non chiedono scossoni politici per il regolamento dei conti tra i partiti, bensì di essere governati da chi ritiene di avere un’offerta valida e chiara da proporre. I dem hanno dimostrato di non avere alcuna offerta credibile, essendo in breve tempo passati dal renzismo al socialismo, dal Jobs Act al salario minimo, dalla flessibilità del lavoro alle garanzie, dai tagli alla sanità alla richiesta di aumento della spesa, ecc.

Attacchi boomerang per PD

Giorgia Meloni è percepita dagli elettori come elemento di stabilità del sistema politico e, soprattutto, la sua immagine non è stata “sporcata” dalla gestione della pandemia, con la sospensione delle libertà costituzionali che ne è conseguita.

Se qualcuno nell’opposizione s’illude di poter trarre vantaggio dalla restaurazione di un clima d’eccezione, si sbaglia di grosso. Se pensa, poi, che rievocare il nefasto 2011 sulla crisi del debito pubblico possa picconare il consenso per l’esecutivo, anche peggio.

Gli italiani segnalano da anni di non gradire chi gioca a vincere sparando sul buon nome della Nazione all’infuori dei confini nazionali. Il pericolo fascista, che per fortuna non esiste, è ormai retorica sterile. Le accuse di euro-scetticismo rivolte al governo si trasformano in un boomerang, assodato che i primi passi della premier siano di concordia con le istituzioni comunitarie e che queste risultino poco popolari tra gli elettori italiani. Il prossimo segretario del PD dovrà fare l’esatto contrario dei suoi innumerevoli predecessori per sperare di risalire la china.

[email protected]