La Germania rischia la recessione quest’anno. Lo ha spiegato ieri il governatore della Bundesbank, Joachim Nagel. Magari la contrazione del PIL tedesco sarà inferiore allo 0,5% atteso a dicembre, ma il segno meno rischia di esserci. Per l’economia italiana, invece, sale l’ottimismo. La crescita stimata dal governo Meloni resta ufficialmente dello 0,6%, ma il Tesoro prospetta “fino all’1%”. Per il Fondo Monetario Internazionale sarà dello 0,8%. Gli ultimi dati sembrano confermare il trend favorevole. Il PMI manifatturiero a febbraio è salito a 52 punti dai 50,4 di gennaio, ai massimi da aprile 2022.

Valori sopra 50 segnalano espansione dell’attività economica, sotto quella soglia segnalano contrazione. Nel resto d’Europa, le cose sono andate diversamente. Il PMI manifatturiero nell’Area Euro è sceso da 48,8 a 48,5 punti. Giù anche in Germania da 47,3 a 46,3 punti e in Francia da 50,5 a 47,4 punti. Per entrambe le economie, sono state deluse le aspettative.

Dunque, in questo inizio del 2023 l’economia italiana sembra essere tornata a crescere dopo la lieve contrazione del quarto trimestre 2022 (-0,1%). C’entra senz’altro il calo delle bollette. Il prezzo del gas, che nell’agosto dello scorso anno era arrivato al record di 340 euro per Mega-wattora alla borsa olandese, è sceso sotto 50 euro. L’industria italiana ha risentito duramente del caro energia, essendo molto dipendente dalle materie prime all’estero. L’inflazione nel nostro Paese era scesa fino al dato di gennaio meno che altrove e resta nettamente sopra i livelli medi dell’area: 10% contro 8,6%.

Resta da vedere se da febbraio ci sarà una maggiore convergenza. I dati preliminari di Francia e Spagna vedono una risalita dei prezzi al consumo nei due paesi, mentre l’economia italiana dovrebbe proseguire la fase di disinflazione. I minori costi di produzione starebbero spingendo la fiducia sia delle imprese che dei consumatori. Nel frattempo, poi, la bilancia commerciale è tornata positiva sin dal mese di novembre.

Il valore delle esportazioni supera nuovamente quello delle esportazioni e contribuisce in positivo alla crescita del PIL.

Fine bonus edilizi test per economia italiana

Certo, se il quadro all’estero restasse stagnante o si deprimesse, rischiamo di subirne i contraccolpi. Gran parte delle imprese nel Nord-Est è legata alla produzione tedesca. Ne soffrirebbero le nostre esportazioni. Per fortuna, ad oggi non s’intravede alcuna recessione negli Stati Uniti d’America, che pesa per metà del nostro avanzo commerciale e in cui vendiamo quasi 70 miliardi di dollari di prodotto all’anno. Nell’ultimo trimestre dello scorso anno, vi abbiamo esportato merci per 12 miliardi, in crescita tendenziale di oltre il 13%. E’ importante per noi che l’economia americana regga.

Anche dalla Cina ci sono buone notizie. Il PMI manifatturiero a gennaio è rimbalzato a 52,6 punti dai 50,1 di gennaio. La fine delle restrizioni anti-Covid sostiene le attività produttive nella seconda economia mondiale. Un quadro che si sta evolvendo meglio delle previsioni di fine 2022 per l’economia italiana e che darebbe una boccata di ossigeno alle casse dello stato. Un PIL più alto significa un deficit più basso, maggiori entrate fiscali e possibilmente minori spese legate all’assistenza. Insomma, qualche margine in più da usare per accelerare la riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL e/o per irrobustire la crescita.

Infine, qualche preoccupazione sulla fine dei bonus edilizi. Restano senza sconto in fattura e cessione dei crediti e in misura meno generosi per i beneficiari. Negli anni passati, avevano contribuito a generare crescita, pur a debito. Il loro ridimensionamento impatterà negativamente sull’economia italiana o le conseguenze saranno limitate?

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