Il debito pubblico americano, compreso quello degli enti locali USA, si attesta attualmente intorno ai 21.500 miliardi di dollari. Il solo debito federale ammonta a 18.400 miliardi e vale il 103% del pil, schizzando al 120%, se includiamo quello degli stati e dei comuni. Di questo, circa 16.300 miliardi è in forma di Treasuries, i titoli di stato emessi dal Tesoro americano e detenuti per il 37% da investitori stranieri. Stando ai dati più recenti, quelli che si riferiscono al mese di luglio, notiamo che la Cina rimane il creditore più importante dell’America con 1.240,8 miliardi di dollari di Treasuries in pancia, il 7,6% del totale, oltre un quinto del debito sovrano USA detenuto dai creditori stranieri.

Tuttavia, su base mensile si ha un calo di 30,4 miliardi. Segue a ruota il Giappone, che si piazza al secondo posto con 1.197,5 miliardi di dollari in Treasuries, mentre al terzo posto troviamo i Centri bancari delle isole caraibiche, che possiedono 324,5 miliardi. A seguire, i paesi esportatori di petrolio con 298,3 miliardi, il Brasile con 256,7 e la Svizzera con 217,5 miliardi. Esce dalla top ten dei creditori il “Belgio”, che sappiamo essere una denominazione utilizzata per approssimare investimenti di altri paesi. Si sospetta che dietro a questa sigla, infatti, si nascondano fondi cinesi, ma  si potrebbe anche ipotizzare che essa stia per Unione Europea, considerando che la capitale belga è anche sede della Commissione europea.   APPROFONDISCI – https://www.investireoggi.it/economia/debito-pubblico-usa-ecco-chi-ce-dietro-e-perche/  

La Cina riduce le esposizioni, ma non è una fuga dall’America

A luglio, il Belgio deteneva Treasuries per 155 miliardi, -53 miliardi rispetto a giugno. Se davvero dietro a questa sigla si nascondesse la Cina, troveremmo che essa si sarebbe liberata in un solo mese di ben oltre 83 miliardi di dollari in titoli di stato americani, una vera e propria fuga, che si spiegherebbe con la volontà di Pechino di difendere il cambio e di contrastare, quindi, il deprezzamento dello yuan con la vendita di assets denominati in dollari.

In totale, i creditori stranieri detengono Treasuries  per 6.076,6 miliardi. Il resto è suddiviso tra 4.116,6 miliardi in mano alla Federal Reserve, che ha così incrementato di 5 volte le sue esposizioni verso il Tesoro USA negli ultimi 7 anni, in conseguenza dell’acquisto di bond con i 3 programmi di “quantitative easing” realizzati dal 2009  alla fine del 2014. I privati detengono 1.960 miliardi, mentre i cosiddetti T-bills & Notes, ossia i titoli a breve termine e senza cedola, ammontano complessivamente a circa 4.100 miliardi, circa un quarto del totale della massa debitoria.   APPROFONDISCI – https://www.investireoggi.it/economia/la-cina-vende-treasuries-ma-i-rendimenti-non-ne-risentono/  

Tassi Fed, quale effetto su rendimenti Treasuries

Quando la Fed alzerà i tassi, prima o dopo, questo immenso mercato da oltre 12.000 miliardi di dollari, al netto dei titoli detenuti dall’istituto stesso, subirà da un lato un calo dei prezzi, anche se la stretta monetaria è stata in parte scontata, ma dall’altro diventerà più appetibile per gli investitori stranieri, grazie alle attese di ulteriore rafforzamento del dollaro. Anche in quest’ultimo caso, però, le precedenti strette ci insegnano che quando la Fed inizia ad alzare i tassi, il dollaro potrebbe paradossalmente perdere terreno contro le altre valute, secondo il principio di mercato del “buy rumors and sell the news”, ovvero che l’investitore tenderebbe a comprare sulla scorte delle aspettative e a vendere una volta che queste si siano realizzate. Queste forze contrastanti – aumento dei rendimenti da un lato e crescita tendenziale della domanda straniera dall’altro – potrebbero annullarsi a vicenda, stabilizzando i rendimenti, specie sul tratto breve della curva, tenendo anche conto delle aspettative relativamente “fredde” sull’inflazione.   APPROFONDISCI – https://www.investireoggi.it/economia/petrolio-e-treasuries-segnalano-un-possibile-ritorno-allinflazione-zero-o-negativa/