Lunedì scorso sarebbe dovuta essere una giornata nera per Donald Trump, mentre si è trasformata in una data da incorniciare. L’ex presidente si è visto ridotta la maxi-cauzione per il processo di appello relativo agli asset gonfiati a bilancio da 464 a 175 milioni di dollari. Per settimane era andato in cerca di prestiti, ma nessuna banca aveva sganciato un solo penny, giudicando l’operazione rischiosa. E la sua Trump Media & Technology Group si preparava al debutto in borsa al Nasdaq di New York dopo che Digital World annunciava di avere accettato la fusione.

Boom in borsa per il social di Trump

Il giorno successivo, l’IPO va a meraviglia. Con l’acronimo DJT, il titolo vola fino a un massimo di 78 dollari in apertura di seduta. Concluderà le contrattazioni a 58 dollari, in rialzo del 16% rispetto al prezzo fissato per il debutto. Poiché Trump possiede 79 milioni di azioni della società da lui stesso guidata e fondata, nei fatti ha aumentato in poche ore la sua ricchezza di quasi 4,6 miliardi. Il giorno precedente, entrava prepotentemente nella lista dei 500 uomini più ricchi al mondo stilata da Forbes con asset stimati per 6,4 miliardi. Fortuna lievitata il giorno successivo a 7,2 miliardi. L’ex presidente degli Stati Uniti non era stato mai tanto ricco. Potrà teoricamente esibire tale quota per ottenere prestiti con cui pagare la cauzione.

Truth, numeri magri per il social di Trump

Truth, numeri magri per il social di Trump © Licenza Creative Commons

Numeri di Truth

Cos’è Trump Media & Technology Group? La società gestisce il social Truth, lanciato dal tycoon nel 2021 per reagire alla censura operata nei suoi confronti dai principali social media come Facebook e Twitter (X). Con la quotazione in borsa, questi capitalizzava al termine della prima giornata circa 7,9 miliardi. Una valutazione che gli analisti giudicano a dir poco generosa. In effetti, parliamo di un social con ricavi per appena 3,4 milioni nell’intero esercizio passato e perdite per 49 milioni.

Gli utenti mensili attivi negli States ammontano a 494.000, molti meno dei 75 milioni di X e dei 142 milioni di Facebook.

Il vero dato allarmante riguarda il trend: -51% di utenti a febbraio rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Questo significa che il social di Trump in borsa verrebbe valorizzato senza alcun legame con i fondamentali. E’ ciò che in gergo si definisce bolla finanziaria. Di recente, gira una nuova espressione a tale riguardo per connettere il fenomeno al tam-tam sui social: meme stock. Eppure, esisterebbe una qualche forma di razionalità nell’acquistare a prezzi stravaganti le azioni DJT. La vera scommessa riguarda la possibile vittoria di Trump alle elezioni presidenziali di novembre.

Trump versus Biden a novembre

Trump versus Biden a novembre © Licenza Creative Commons

Sarà nuova sfida con Biden per le elezioni a novembre

Come sappiamo, il tycoon ha conquistato la nomination del Partito Repubblicano dopo avere sbaragliato tutti gli sfidanti alle primarie. Se la vedrà nuovamente con il presidente uscente Joe Biden per il Partito Democratico, che i sondaggi danno in forte crisi di popolarità. Se Trump rientrasse alla Casa Bianca, Truth diverrebbe probabilmente il suo nuovo megafono per le comunicazioni non ufficiali e, chissà, forse anche ufficiali. Non è un caso che, dopo essere stato riammesso su X dall’amico Elon Musk, ha preferito non twittare nulla. Vuole portare avanti il suo business.

Poiché i social si alimentano di visibilità, uno scenario elettorale favorevole lancerebbe Truth nel panorama dei media internazionali. Le valutazioni attuali si confermerebbero elevatissime, ma meno stellari di quanto lo siano adesso. D’altra parte, non è detto che Trump voglia restare in sella alla società. Può decidere di vendere il suo 58% quando vorrà, anche se non nei prossimi sei mesi per effetto del lock-up.

A meno che il consiglio di amministrazione non glielo conceda. E i suoi componenti sono “trumpiani”, sebbene debbano da martedì scorso iniziare a rendere conto agli azionisti e alle autorità finanziarie. In quel caso, avrebbe modo di fare cassa per aumentare la propria ricchezza effettivamente, nonché per pagare le salatissime spese processuali e per finanziare la propria campagna elettorale.

IPO cruciale per la campagna elettorale

Il timing dell’IPO non sarebbe stato casuale. Al più tardi entro fine settembre potrebbe mettere le mani sulle azioni DJT, arrivando sul finale della campagna elettorale con la liquidità necessaria per garantirsi uno sprint senza dipendere eccessivamente dalle donazioni di Wall Street. E’ chiaro che se il prezzo del titolo crollasse, si ritroverebbe in mano molti meno soldi di quelli attesi e non farebbe probabilmente una bella figura dinnanzi agli elettori americani. Qui, più che il business in sé, è il nome di Trump che sta attirando capitali e attenzioni. Gira tutto attorno alla sua personalità, forte, eccentrica e senza precedenti nella storia politica di Washington. Il precedente dell’acronimo DJT non rievoca ricordi positivi. Con esso fu quotata nel 1995 Trump Hotels & Casino Resorts, società fallita nel 2004 e chiaramente tolta dal listino del New York Stock Exchange.

In generale, come comportarsi dinnanzi a un titolo sganciato dai fondamentali? Tenersene alla larga, tranne nel caso in cui si ritenga che le prospettive di crescita siano tali da giustificare prezzi apparentemente sconclusionati. In un certo senso, è la storia di IPO come quella di Facebook nel 2012, anche se nello specifico si partiva da una base di utenti e ricavi enormemente più significativa.

Social di Trump in bolla? Ecco cosa fare

Il fatto che un titolo sia in bolla o una “meme stock” non implica anche che la sua caduta sia imminente. Anzi, le bolle hanno quale caratteristica fondamentale di auto-alimentarsi fino a quando il mercato resta convinto che il prezzo possa continuare a salire.

E per quanto appaia estenuante immaginare che possa reggere da qui almeno alle elezioni di novembre, esistono discrete probabilità che Trump riesca a tenerne alte le quotazioni sfruttando la campagna elettorale e il possibile esito positivo. In caso di sconfitta, il crollo sarebbe quasi una certezza. Ma in caso di vittoria non potremmo escludere proprio nulla.

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