A novembre, il debito pubblico italiano è sceso di 16 miliardi di euro da ottobre a 2.694,2 miliardi. E così, lo stock si allontana dalla cifra record di 2.734 miliardi toccati in agosto. Da allora, la riduzione è avvenuta essenzialmente grazie al calo delle disponibilità liquide del Tesoro, che al 30 novembre scorso sono scese di 25,2 miliardi su base mensile a 67,1 miliardi. Erano a 139,7 miliardi tre mesi prima. Nello stesso mese, il fabbisogno dello stato ha ammontato a 8,3 miliardi.

Per dicembre, le previsioni parlando di un disavanzo in area 3 miliardi, in lieve miglioramento dai 3,5 miliardi di un anno prima.

Tuttavia, nello stesso mese del 2019, lo stato aveva chiuso con un avanzo di 9,7 miliardi. In effetti, l’ultimo mese dell’anno è tipicamente ricco per le entrate pubbliche, grazie alle scadenze fiscali. La pandemia ha temporaneamente mutato i connotati, tra l’altro spostando molte scadenze nel tempo e disallineando le entrate rispetto alle spese.

Sta di fatto che il debito pubblico a fine 2021 potrebbe essersi attestato intorno ai 2.700 miliardi, cioè in netto miglioramento dagli oltre 2.730 miliardi attesi dal governo Draghi. Questo significa che sia probabile che il rapporto debito/PIL abbia chiuso in prossimità del 150%. E’ ancora ufficialmente atteso al 153,5%, tre punti in meno rispetto al 2020. Sarebbe la conferma che il rimbalzo del PIL giovi ai conti pubblici, come del resto tutti sanno. Lo testimoniano anche le cifre relative agli ultimi 40 anni precedenti la pandemia.

Debito pubblico, questione di crescita

Tra il 1979 e il 1989, il PIL nominale italiano crebbe di quasi il 195%, a fronte del +303% del debito pubblico. E di fatto quest’ultimo esplose. Nel decennio successivo, ossia tra il 1989 e il 1999, il debito frenava a +105% e il PIL a +45%. Il rapporto continuò a salire. Tra il 1999 e il 2009, il primo segnò una crescita del 38%, il secondo del 34%. Il rapporto fino al 2007, anno precedente alla crisi finanziaria mondiale, si era sostanzialmente stabilizzato.

Infine, tra il 2009 e il 2019 il debito crebbe ancora del 31%, mentre il PIL di meno della metà, cioè quasi del 14%. E in questa fase, il rapporto tornò a impennarsi fino al 135%.

Adesso, sempre il governo stima che il deficit tornerà al 3% o poco sopra solamente nel 2024. Se, però, il miglioramento dei conti pubblici si rivelasse maggiore delle attese per l’anno appena trascorso, probabile che il target sia anticipato all’anno prossimo. Sarebbe un’iniezione di fiducia per i mercati, a caccia di nuove buone notizie sull’Italia, avendo già scontato il ritorno dell’economia ai livelli pre-Covid nei prossimi mesi. Un debito pubblico che scendesse marcatamente sotto il 150% del PIL quest’anno agirebbe da freno allo spread, quale che sarà l’esito dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica.

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