I dati di Intrum Iustitia sui debiti della Pubblica Amministrazione (PA) nei confronti delle imprese fornitrici sono disarmanti: 61,1 miliardi, stabili rispetto al 2015 e solo in lieve calo rispetto a due anni fa, quando ammontavano a 67,1 miliardi. Eppure, il governo Letta prima e, soprattutto, quello attuale a guida Matteo Renzi si erano impegnati a risolvere una volta per tutte una delle grandi vergogne dell’Italia, che nel confronto con gli altri paesi europei mostra una evidente anomalia negativa.

Invece, nessun miglioramento.

Lo stato italiano continua a pagare i fornitori con un tempo medio di 131 giorni, persino 16 in più che in Grecia, 33 in più che in Spagna, mentre le distanze con Francia, Regno Unito e Germania diventano abissali: +73, 101 e 116 giorni rispettivamente.

Tempi pagamenti in Italia abnormi

Certo, qualche miglioramento c’è stato, se si considera che i tempi medi di pagamento in Italia erano di 144 giorni nel 2015 e di 159 nel 2014. In due anni, risultano scesi di 28 giorni, quasi un mese, non certo di poco. Il problema è che se da un lato il premier Renzi ha mantenuto la parola e ha provveduto nel tempo a pagare alle imprese fornitrici quasi l’intero importo dovuto al 31 dicembre 2013, la Pubblica Amministrazione continua ad accumulare debiti e non riesce a smaltirli nei tempi dovuti, di fatto vanificando qualsiasi sforzo.

Il costo stimato a carico delle imprese per i ritardi nei pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche è di 5,1 miliardi all’anno. Chi non riceve in tempo il dovuto è costretto, intanto, a pagare le spese (lavoratori, fornitori, tasse, etc.) e deve ricorrere spesso al fido bancario, ma con la conseguenza di incorrere nel rischio di subire un declassamento del giudizio sul merito creditizio da parte della banca erogatrice.

Crisi liquidità con ritardi pagamenti

Per non parlare del corto circuito nella catena dei pagamenti, perché l’assenza di liquidità disponibile spinge le imprese creditrici a mostrarsi inadempienti a loro volta nei confronti di altre imprese, mentre al contempo lo stato non ammette ritardi nei pagamenti delle imposte, inviando cartelle esattoriali e relative sanzioni.

 

Alla base dei ritardi della PA ci sono certamente problemi di liquidità, ma anche l’atavica burocrazia, che crea ingorghi e dilaziona i tempi per la riscossione. Fatto sta che ancora oggi ammontano a quasi il 4% del pil i crediti vantati dalle imprese verso lo stato e che fino alla data della riscossione sono tutt’altro che opponibili al Fisco, così come ad altri creditori.