Su base settimanale si è registrato il balzo dei prezzi delle materie prime più alto da quasi 50 anni: +8,6%. Era dal 1974 che non si vedevano cifre così alte e probabilmente chiuderemo la seduta di oggi con rialzi ancora più consistenti di allora. Il petrolio ieri si è indirizzato verso i 120 dollari al barile, il gas ha sfiorato i 200 euro per megawatt-ora, mentre la farina è esplosa ai nuovi massimi storici sopra 360 euro per tonnellata. Record anche per l’alluminio sopra 3.670 dollari per tonnellata.

La guerra ucraina sta aggravando un processo in atto da mesi, rendendo la vita impossibile ai consumatori.

Peraltro, l’OPEC Plus ha deciso di non accelerare i piani per aumentare l’offerta di greggio, mentre diverse navi mercantili stanno girando a vuoto attorno alla Russia senza caricarsi dell’Ural per non ricadere sotto le sanzioni dell’Occidente.

A febbraio, l’inflazione nell’Eurozona è salita al 5,8%, quasi il triplo del target del 2% fissato dalla BCE. In Italia, il dato armonizzato risulta al 6,2%. Siamo solo agli inizi. Il caro bollette peserà sempre di più nel secondo trimestre, quando i consumatori sentiranno pienamente nelle loro tasche gli effetti dei rialzi recenti di petrolio e gas. Dovete solamente pensare che se l’Italia acquistasse tutto il gas che consuma in un anno ai prezzi di ieri, dovrebbe spendere qualcosa come 160-170 miliardi di euro, il 9% del PIL. Una follia indicibile. A questa cifra assurda si aggiungerebbero altri 50 miliardi per importare petrolio. La soglia dei 200 miliardi sarebbe ampiamente superata. Andremmo verso un’inflazione abbondantemente sopra il 10%.

Consumatori a rischio scaffali semi-vuoti

La vita dei consumatori sarà un inferno, anzi lo sta già diventando da settimane. Gli aiuti del governo Draghi non bastano e sono stati perlopiù concentrati sui redditi medio-bassi. Tuttavia, il peso è così forte sui bilanci familiari, che praticamente tutto il ceto medio ne soffrirà.

I consumi di beni e servizi non essenziali si ridurranno necessariamente, mentre molte attività stanno già fermando la produzione, non riuscendo a tenere testa alle bollette. Questo significa che la carenza di prodotti si accentuerà nelle prossime settimane, anche perché gli stessi autotrasportatori stanno ritenendo conveniente non far viaggiare i camion lungo lo Stivale.

Un tasso d’inflazione a doppia cifra sembrava un’eresia con l’euro, invece è quanto si prospetta per consumatori e imprese. Contribuisce a tale scenario proprio l’euro debole, il quale scambia sotto 1,11 contro il dollaro e sotto 1,02 contro il franco svizzero. Banca d’Italia chiede giustamente che non s’inneschi una “futile” spirale tra inflazione e salari, ma come faranno i lavoratori ad accettare retribuzioni ferme con un aumento del carovita così forte? La riduzione in corso dei salari reali accentuerà il fenomeno dei posti vacanti nel mondo, Italia compresa, che a sua volta priverà ulteriormente i consumatori di molti prodotti sugli scaffali dei supermercati. Uno scenario horror.

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