La notizia è passata in sordina, ma è di quelle che potrebbero avere ripercussioni notevoli sull’economia europea sin dai prossimi mesi. La Banca Centrale Europea (BCE) ha inviato nei giorni scorsi gli ispettori in undici banche europee, al fine di attingere a informazioni dettagliate circa l’entità dei “prestiti a leva” erogati.

Numeri su prestiti a leva

I prestiti a leva sono anche noti sul mercato con l’espressione inglese “leveraged loans”. Si tratta di finanziamenti erogati ad imprese iper-indebitate o di proprietà di soggetti a loro volta molto esposti.

Per iper-indebitate s’intendono quelle aziende con un debito almeno pari a quattro volte l’Ebitda.

Dai dati emersi attraverso il monitoraggio di ventotto realtà bancarie, si è scoperto che tra il primo trimestre del 2018 e il terzo trimestre del 2021 le esposizioni tramite prestiti a leva sono esplose da 300 a 500 miliardi di euro. In questo periodo, essi sono passati dall’incidere per il 40% al 63% del capitale primario. Per la BCE tale percentuale è elevata.

Rischi con rialzo dei tassi

Negli anni in cui i tassi di interesse erano a zero, le banche europee sono finite per finanziare anche imprese a rischio, pur di spuntare livelli di remuneratività accettabili per i loro impieghi. I prestiti a leva furono considerati la soluzione in molti casi. Andarono a finanziare operazioni di espansione delle attività come fusioni e acquisizioni. Ora che i tassi sono saliti, il rischio di registrare grosse perdite è concreto. Da un lato, queste imprese sono costrette a pagare interessi più alti sui prestiti rinnovati o su quelli passati contratti a tasso variabile. Dall’altro, stanno accusando un calo dei profitti con il rallentamento dell’economia nell’area.

Costi su e ricavi giù. Un mix allarmante per le banche creditrici. La BCE chiede loro non tanto di chiudere i rubinetti della liquidità, essendo consapevole che questa soluzione porterebbe ad un’eventuale accelerazione del collasso finanziario delle imprese.

Le ispezioni sono state mirate ad accertare che sugli stock dei prestiti a leva vi siano garanzie sufficienti. Nei prossimi mesi, quindi, le banche saranno indotte a richiedere ipoteche e fideiussioni più solide alle imprese maggiormente esposte sul piano finanziario.

Debiti imprese bassi in Italia

L’impatto sull’economia europea rischia di rivelarsi severo, specie in alcune aree del continente. Se in Italia il debito delle imprese vale intorno al 120% del PIL, in Germania sfiora il 130%, in Olanda sale al 165% e in Francia esplode al 205%. Le percentuali, tuttavia, poco ci dicono sulla qualità dei debiti. Non abbiamo dati nazionali sui prestiti a leva. Sarebbe interessante capire, ad esempio, se il Nord Europa risulti più esposto al fenomeno. Sappiamo di certo che nel nostro Paese per ottenere un prestito per un’impresa con scarsi capitali e a corto di garanzie serve un miracolo. Se da un lato questo atteggiamento delle banche ne frena la crescita dimensionale, dall’altro pone un argine al boom dei crediti deteriorati nelle fasi recessive.

Prestiti a leva come mutui subprime?

La speranza è che la BCE si mostri al contempo rigorosa nel pretendere che grossi istituti come Deutsche Bank e Bnp Paribas facciano chiarezza sui loro bilanci, ma senza far venire drasticamente meno la liquidità al mondo delle imprese e indiscriminatamente. I fallimenti aziendali a catena sarebbero una sciagura per un’economia già indebolita tra crisi dell’energia e guerre. I prestiti a leva diverrebbero i nostri mutui subprime.

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