L’era di Elon Musk come nuovo proprietario di Twitter è iniziata tra le polemiche. E date le caratteristiche del personaggio eccentrico, non è una sorpresa. Oggetto di discussione tra gli utenti è diventata la spunta blu, che Musk vorrebbe offrire al prezzo di 8 dollari al mese. Essa certifica l’identità dell’utente, evitando che casi di omonimia e furti d’identità creino problemi di riconoscimento ai personaggi famosi. Per tutta risposta lo sceneggiatore e regista americano Stephen King, forte dei suoi 7 milioni di follower, ha dichiarato: “20 dollari al mese per la spunta blu? Dovrebbero pagarmi loro”.

Inizialmente, infatti, si era diffusa la voce che Musk volesse imporre una cifra di 20 dollari per ottenere la certificazione dell’identità.

Replicando a King, l’uomo più ricco del mondo ha parlato di “8 dollari al mese” per un servizio che includerebbe la possibilità di postare video e contenuti audio più lunghi, priorità nelle risposte, menzioni e ricerche, nonché il dimezzamento della pubblicità visualizzata dagli utenti iscritti sul social gratuitamente.

Il 28 ottobre scorso, Musk ha rilevato ufficialmente Twitter grazie a un’offerta di 54,20 dollari per azione. Il fondatore Jack Dorsey ha mantenuto la quota del 2,4%, consentendo al CEO di Tesla di risparmiare più di 1 miliardo. L’uomo è oggetto di strali del mondo progressista per la sua annunciata policy sulla moderazione dei contenuti. Musk punta a una piena libertà di espressione ed entro poche settimane vuole riattivare tutti gli account Twitter sospesi a vita per la violazione delle regole predisposte dalla vecchia dirigenza, licenziata tutta in tronco la scorsa settimana.

Account Twitter sospesi da riattivare sotto Musk

Tra gli account che saranno riattivati c’è quello dell’ex presidente americano Donald Trump. L’idea manda in bestia la sinistra di tutto il pianeta, che teme la concorrenza sul social delle voci conservatrici, tacciate in molti casi di diffondere odio.

Preoccupazioni che riguardano lo stesso mondo dei pubblicitari, con il colosso Interpublic Group, il quale ha raccomandato ai suoi clienti di sospendere gli investimenti su Twitter per una settimana, il tempo di fare chiarezza sulla nuova policy.

In teoria, i pubblicitari vogliono evitare di legare nome e faccia dei clienti a contenuti discutibili. Nella pratica sono spesso sotto bombardamento mediatico da parte della stampa progressista, inviperita contro Musk per le sue inclinazioni di destra. Ciò spiega la novità della spunta blu a pagamento: sganciare il social dalla dipendenza (ricatto) dei pubblicitari. D’altra parte, i conti della società di microblogging non brillano. Hanno chiuso in perdita operativa di quasi 344 milioni di dollari nei primi sei mesi dell’anno. Serve ravvivare fatturato e utili. E già si prospetta il licenziamento di un quarto dei dipendenti.

Musk non fa mistero di avere “strapagato” l’acquisizione di Twitter, che ai numeri attuali è avvenuta a un valore pari a 19 volte il fatturato. I servizi a pagamento, tra cui la riattivazione di quello video Vine, puntano ad aumentare i ricavi. Allo stesso tempo, potrebbero finire per creare una netta differenza tra utenti premium e utenti iscritti gratuitamente. Muterebbero le caratteristiche del social. Nel caso di successo, ciò potrebbe fare da apripista per gli altri social. Vedi Meta, le cui azioni sono precipitate nell’ultimo anno. D’altronde, nessuno può realisticamente pretendere il diritto di iscrizione gratuita ai social. E non sarebbe un male l’incremento dei servizi a pagamento, visto che ad oggi la gratuità è garantita in buona parte dalla vendita dei dati personali a società terze. Insomma, la nostra privacy è barattata per commentare e postare a costo zero.

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