Lo chiamano cashback “fiscale” per distinguerlo da quello in vigore lo scorso anno. Lo prevede la delega fiscale del governo Draghi, la quale deve ancora essere passare al vaglio del Senato. Dopodiché serviranno i decreti attuativi per metterlo in pratica. In teoria, potrebbero servire mesi, ma l’intenzione dell’esecutivo sarebbe di accelerare, anche perché la misura servirebbe a dare impulso ai pagamenti elettronici, ergo a battere l’evasione fiscale.

Il nuovo cashback fiscale si traduce in un accredito immediato sul conto corrente del contribuente della somma spettante in detrazione per alcune spese.

Quelle di cui si discute maggiormente sono le spese sanitarie, ma l’ambito di applicazione dovrebbe essere più vasto. In pratica, funzionerebbe così: il cittadino si reca in farmacia, acquista un medicinale detraibile al 19% e l’importo gli viene accreditato direttamente e istantaneamente sul conto corrente.

Come farà lo stato a conoscere il numero di conto corrente di chi paga? Il meccanismo non è stato ancora reso noto sul piano tecnico. Dovranno emergere i dettagli del caso. Si suppone che la tessera sanitaria sarà collegata al conto corrente da una previa registrazione del contribuente. Essendo tale tessera munita del codice fiscale, il collegamento sarebbe teoricamente sfruttabile anche per tutte le altre spese detraibili effettuate e oggetto del cashback fiscale. Dunque, servirà esibire qualcosa alla cassa.

Differenze tra cashback fiscale e quello del 2021

Con questa svolta, basta più conservare scontrini e fatture a casa per anni e, soprattutto, non bisognerà più attendere la presentazione della dichiarazione dei redditi nell’anno successivo per usufruire della detrazione. Essa sarà immediata, con benefici evidenti per chi paga. Peraltro, la prima differenza che salta all’occhio tra il cashback fiscale e quello del governo “giallo-rosso” di Giuseppe Conte è che allo stato non costa un euro in più: si tratta semplicemente di anticipare l’accredito.

Con il vecchio cashback, che il governo Draghi mise in soffitta l’anno scorso, ogni acquisto con carta di credito o bancomat era rimborsato per il 10% del suo valore e fino a un massimo di 150 euro a semestre. La misura costava miliardi di euro e non pare che abbia apportato un qualche contributo significativo alla lotta all’evasione fiscale.

Il cashback fiscale non solo incentiva pagamenti in regola – si pensi alle prestazioni mediche – ma fornisce al contribuente liquidità immediata in un momento in cui serve sostenere i redditi con un’inflazione già al 7%. Non sappiamo ancora se tale meccanismo sarebbe introdotto anche a favore delle detrazioni IRPEF pluriennali. Pensate al bonus mobili. Quest’anno si può detrarre il 50% in 10 anni di una spesa fino a 10.000 euro. Significa un massimo di 500 euro all’anno per un decennio. Difficilmente, però, sarà consentita la detrazione in un’unica soluzione e immediata. Equivarrebbe a uno sconto in fattura, che proprio il governo Draghi vuole circoscrivere nel tempo e come ambito d’applicazione, avendola scartata nell’estate scorsa a proposito del bonus mobili.

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