E’ stato un 18 maggio amaro quello che molti clienti hanno vissuto al bancone del bar, mentre sorseggiavano un italico caffè, oppure seduti sulla poltrona del parrucchiere di fiducia per farsi tagliare i capelli dopo due mesi di mancate foto di sé postate su Facebook. Eh, sì. I prezzi di una tazzina di caffè hanno registrato in molte città rialzi a doppia cifra, come a Milano, dove si sfiora il +60% per un espresso, lievitato a 2 euro. Per le donne è andata pure peggio, visto che taglio e piega stanno arrivando a costare fino ai due terzi in più rispetto all’ultimo giorno prima del “lockdown” di marzo.

Sempre a Milano, è stato segnalato un salone dove il taglio è passato da 15 a 25 euro.

Ci sarà deflazione o inflazione dopo l’emergenza Coronavirus?

Non dicevamo che in piena crisi i prezzi sarebbero scesi? In teoria, è così. Ma se i costi salgono, a meno che commercianti e artigiani inizino a rimetterci di tasca propria e lavorino per il piacere di farlo, i prezzi subiscono un incremento, se non di pari entità, non troppo dissimile. E la riapertura ha imposto a tutte le attività costi di sanificazione stimabili nell’ordine delle centinaia di euro per le piccole superfici, oltre che a una riduzione attesa del fatturato per i prossimi mesi, a causa del dovuto rispetto delle distanze sociali.

Per farvi un’idea, mentre il titolare di un bar deve sanificare costantemente il locale, i clienti non possono più entrare a frotte come prima, ma scaglionati e tenendosi a distanza l’uno dall’altro di almeno un metro. Ciò significa che in un dato lasso di tempo riuscirà a servire meno clienti, cioè i suoi incassi risulteranno inferiori, mentre i costi fissi lieviteranno. Questo si sta scaricando sui prezzi, i quali vengono ritoccati al rialzo, come in un certo senso era pur scontato che accadesse, triste presagio di cosa ci aspetti al ristorante e ai lidi, in particolare, attività tra le più colpite dalle regole anti-Coronavirus.

Prezzi in rialzo per sempre?

Questi rialzi dureranno? In generale, dovremmo attenderci che siano limitati a quelle attività maggiormente esposte alle nuove regole e caratterizzate da costi fissi relativamente elevati. Per intenderci, non dovremmo assistere a un aumento generalizzato dei prezzi, anche perché i fondamentali depongono a sfavore di questo scenario. I redditi, pur sostenuti da bonus alle partite IVA e dalla cassa integrazione, sono in discesa e le preoccupazioni delle famiglie in salita. La domanda debole premerà per ridurre i prezzi per quelle categorie merceologiche in cui ciò sarà possibile. Certo, senza le nuove stringenti regole si sarebbero registrati già verosimilmente ribassi vistosi. Pensate a beni come abbigliamento e calzature e ai servizi legati al tempo libero, tra cui bar e ristoranti stessi.

Poiché le regole sembrano destinate a durare ancora parecchi mesi, rischiamo che i rialzi vengano metabolizzati e finiscano per diventare definitivi, una volta cessata l’emergenza e venuti meno i costi da questa imposti. Difficile che un barista tagli tra un anno il prezzo di un caffè o che il parrucchiere sotto casa riduca le tariffe. E poiché saranno tempi di ristrettezze, il commercio al dettaglio rischia di subire la concorrenza delle grosse catene verso cui si rivolgerebbe una fetta crescente della clientela nel nome del risparmio. La bottega sotto casa che abbiamo apprezzato in questi due mesi di quarantena per averci ridotto le attese in fila per fare la spesa potrebbe avere i giorni ancora più contati di quanto non fosse già prima del Coronavirus.

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