Sarà in Toscana, nella sua villa a nord di Carrara? In Turchia, dove l’agenzia Tass ritiene di averlo fotografato mentre ritirava denaro contante al bancomat? O in Israele, dove riceverebbe protezione dal governo? L’unica certezza è che Anatoly Chubais, 66 anni, è sparito. Fino a poche settimane fa era ministro per i rapporti con le organizzazioni internazionali sul clima. Si era dimesso a seguito della sua ostilità alla guerra in Ucraina. Adesso, non si sa dove sia, di certo non più in Russia.

Il nome non vi dirà nulla, ma parliamo di un oligarca russo tra i più importanti, se non il più importante dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica.

L’ascesa al potere con Eltsin

Laureto all’Università di Lenigrado, l’allora presidente Boris Eltsin lo volle a capo del comitato sulle privatizzazioni. Insieme all’economista Yegor Gadar, nel giro di quattro anni vendette ai privati qualcosa come 15.000 aziende di stato. Furono le più grandi privatizzazioni della storia mondiale. Ma il loro esito pesa come un macigno sul giudizio che i russi hanno di Chubais. La popolazione lo detesta profondamente e lo stesso presidente Vladimir Putin ritiene che quegli anni lì portarono alla “svendita” di asset pubblici, trasferiti per spiccioli nelle mani degli oligarchi.

Ma andiamo con ordine. Chubais riceve da Eltsin il mandato di transitare l’economia sovietica al capitalismo. Insieme a Gadar, essi ritengono inizialmente che servirebbe gradualismo allo scopo. Tra l’altro, propongono prima di creare istituzioni solide sulle quali far sorgere per la prima volta nella storia il capitalismo russo: riforma giudiziaria, creazione di agenzie governative di controllo (authorities), ecc. Tuttavia, il presidente ha paura che possa ripetersi presto un nuovo tentativo di colpo di stato da parte dell’ala nostalgica del Partito Comunista. Per questo, chiede e ottiene la famosa “terapia choc” sull’esempio di Polonia e Ungheria.

Dal capitalismo del popolo alle svendite di stato

Chubais s’inventa il “people’s capitalism”, il capitalismo del popolo. Per tendervi emette 148 milioni di voucher, uno per ogni cittadini russo e pari a 10.000 rubli (circa 40 dollari di allora), con i quali ogni abitante della Federazione Russa avrebbe potuto comprare azioni delle società oggetto di privatizzazioni. L’intento era lodevole: consentire a tutti i cittadini di diventare proprietari di aziende prima dello stato. Insomma, distribuire la ricchezza e creare un ceto medio diffuso. I risultati sono stati uno dei più grandi disastri della storia economica moderna.

Era accaduto che alla fine del 1991, Eltsin avesse liberalizzato i prezzi dei beni di consumo e dei servizi. Questi esplosero dando vita all’iperinflazione. Nel 1994, i prezzi erano aumentati mediamente di 2.000 volte rispetto al 1990. Ridotti alla fame e ignorando i meccanismi del mercato, milioni di famiglie approfittarono dei voucher ottenuti dallo stato gratis per monetizzarli subito. Li vendettero perlopiù a un piccolo gruppi di nascenti oligarchi. Erano persone arricchitesi negli anni Ottanta grazie alla vendita di beni al mercato nero. Tra questi troviamo Roman Abramovich, che aveva fatto una fortuna vendendo papere di gomma. Non stiamo scherzando!

Rielezione di Eltsin e nuova ondata di privatizzazioni

Contrariamente alle attese dello stesso Chubais, le privatizzazioni russe diedero vita a un’estrema concentrazione di asset statali nelle mani di pochissime persone, sempre le stesse. Nel 1996, Eltsin è in grave difficoltà. La rielezione appare un miraggio. I sondaggi danno vincente lo sfidante comunista Gennady Ziuganov. A quel punto, licenzia Chubais additandolo pubblicamente come colui che aveva svenduto le aziende di stato “per quasi niente”. In realtà, si tratta di una farsa. L’oligarca russo tra i più influenti al Cremlino riunisce tutti i nuovi pezzi da novanta con tanti rubli in tasca a sostegno proprio di Eltsin.

Questi lo finanziano pesantemente e orchestrano una campagna di stampa a suo favore. Avranno la meglio. Pur claudicante, malvisto e rinomatamente ubriacone, il presidente ottiene il secondo mandato.

Tuttavia, il prezzo da pagare per questa vittoria fu salatissimo per il popolo russo. Poiché lo stato aveva bisogno continuo di soldi e le entrate restavano bassissime per via del tracollo incessante dell’economia, Chubais inventò lo schema noto come “loans for shares”. In pratica, gli oligarchi russi avrebbero finanziato il governo ad alti tassi d’interesse, prendendosi in pegno le azioni delle aziende pubbliche. E’ così che ha inizio la seconda ventata di privatizzazioni. Una truffa a tutti gli effetti. Lo stato di fatto non riusciva a onorare le scadenze e, come da attese, gli oligarchi lo espropriavano delle sue aziende, mettendole all’asta. Ad acquistarle erano a giro sempre le stesse persone, cioè gli oligarchi in persona. Per pochissimi soldi, ricevettero in consegna beni dal valore enormemente maggiore.

Pensate che in questa fase Abramovic rilevò Sibneft, azienda petrolifera, insieme a Boris Berezovsky per appena 200 milioni di dollari. Quando lo stato la rinazionalizzò nel 2009, dovette pagargli 11,9 miliardi. C’era un ultimo problema: chi avrebbe succeduto a Eltsin. E Chubais è tra coloro che indica il nome di Vladimir Putin, il quale era stato come lui un protegé dell’ex sindaco di San Pietroburgo, Anatoly Sobcak. E forse questo è il vero motivo per cui al Cremlino ha potuto vantare buon credito fino a qualche settimana fa. Pura riconoscenza. In effetti, Chubais per Putin rappresenta tutto ciò che politicamente ha odiato sin dalla sua ascesa al potere.

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